TRAMA
Un anno, due estati. La vita di Magda tra dolore e gioia: per gli amori che dovrà lasciare, per la nuova vita che riuscirà a donare.
RECENSIONI
In chiusa c’è un cuore che batte. La poetica è kitsch, ma Julio Medem è capace di dare un senso condivisibile alla cadenza di quel rosso palpitare. Cosa si può chiedere a un film a volte, se non di avere una sua propria temperatura, un proprio calore e farlo avvertire a chi lo guarda? Eppure la prima origine, «la primissima cellula del film è fatta di bronzo». È lo stesso Medem che racconta di una visita invernale al Museo di Arte di Düsseldorf e di una scultura «molto disturbante», la Brozen frau nº 6 di Thomas Schütte che «rappresentava l'immagine di una donna scolpita nel bronzo, contorta dal dolore, mentre cercava di trasportare il peso della vita e il peso della morte che aveva dentro». Ma Ma sortisce da questa torsione di materiale freddo ed è invece caldissimo. Un film fatto di carne, sorrisi e lacrime; di malattia, morte e nuova vita nell’eterno, quotidiano, plurinarrato e prevedibile ciclo. E le coordinate narrative sono certamente semplici, fin troppo nette, senza sfumature.
Magda (Penélope Cruz) apprende di avere un cancro al seno proprio il giorno in cui Arturo (Luis Tosar), losservatore calcistico del Real Madrid che ha appena incoraggiato il talento del figlio di lei, apprende del terribile incidente che ha stroncato la vita di sua figlia e compromesso la sopravvivenza di sua moglie, ora in coma. Il primo tragico incrocio è compiuto. Magda è stata anche abbandonata da suo marito, Arturo rimarrà presto vedovo. Lei guarirà dal primo cancro e insieme allungheranno insieme lo sguardo verso lorizzonte terso e benevolo. Ed è il primo Ma del titolo del film, opera evidentemente bipartita, come dichiara il regista. Il secondo Ma è meno compiacente e generoso, il cancro si ripresenta ed è a questo punto che il ricamo al limite del mélo più gratuito, al limitar di scelte, volontà, realtà, si fa ardito, sfidante quasi la tollerabilità dello spettatore. Eppure, in effetti, mai veramente irritante. Perché, piaccia o non piaccia, il cinema di Medem imperfetto, grondante, sovrabbondante qualsiasi quantità consentita dalla legge del dramma è fatto anche da una imponderabile dotazione di esplosioni di gioia (il detonatore qui è sempre dominio della stupefacente, vitalistica Penélope Cruz che pare una bimba che scopre il mondo sempre, contagiosissima); è uneducazione e rivolta sentimentale stranger than life. E tutto, allora, in questo film, finisce per bilanciarsi incomprensibilmente, si fa illogica ma accettabile armonia.
Così, tra voragini di tristezza, ginecologi cantanti, cori per la Spagna campione agli Europei di calcio 2012 contro lItalia, seni amputati, e, ancora, ciocche di capelli impigliate nelle mani dopo labbraccio, limmagine ritornante di una bambina siberiana a segnalare didascalicamente il desiderio, chemioterapie e terapie dellamore familiare che non ha confini, Ma Ma procede con la sfrontatezza primigenia della fabula, del racconto, pur anche della telenovela. Lamore non fa il miracolo, ma di certo può vincere e anche Medem può scamparla pur avendo operato ogni genere di errore, scivolata, moltiplicazione, esondazione. Rimanendo, però, soavemente impantanato in mezzo alla vita.