Fantascienza, Recensione

RIDDICK

Titolo OriginaleRiddick
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2013
Durata119’

TRAMA

Riddick, ferito, deve sopravvivere in un pianeta ostile, preda di creature temibili. Trova una base deserta di cacciatori di taglie e li attira sul pianeta per entrare in possesso di una loro astronave.

RECENSIONI

Le intenzioni di David Twohy (e del produttore Vin Diesel, cui si deve questo terzo capitolo, una volta ottenuti i diritti dalla Universal Pictures) sono le stesse di Riddick: se qualcuno l’ha “fregato”, è perché si era civilizzato troppo e, ora, deve ritrovare l’animale che ha in sé. Un palese rinnegamento, cioè, del precedente (civilizzato) The Chronicles of Riddick, troppo costoso per essere un successo al botteghino, invero fantascienza come non se ne vedeva da anni, creativa, generosa con, in nuce, una cosmogonia dalle potenzialità superbe: non avrà mai, purtroppo, un seguito, se non si conta il motion comic Blindsided, cortometraggio coevo. Questo Riddick, infatti, non “segue” ma accontenta i fan della saga, richiedenti a gran voce un ritorno alle origini, a Pitch Black, la produzione contiene i costi e l’autore fotocopia racconto e stilemi, fra fotografia color oro, infestazione di animali selvaggi, western carpenteriano mascherato e Riddick allo stato brado nella lotta per la sopravvivenza. Nulla in contrario al cinema “basico”, che riporta alla giungla: anche in assenza di vere novità, è probabilmente più difficile tenere desta l’attenzione sottraendo eventi alla trama che articolandola. Non è nemmeno lo schematico scontro maschio fra Riddick/bestie e Riddick/mercenari il problema, ma tutto ciò che fa da contorno: lo spirito oltremodo smargiasso che vive nell’Io narrante; la caratterizzazione del protagonista, scambiato per un essere onnipotente, illuminato, persino profetico; i continui ammiccamenti gradassi ad un pubblico di bocca buona; i tocchi disimpegnati(vi) da commedia; il disneyano dingo alieno per iniettare una fiala di melassa; le ridicole avance di Riddick alla pupa tosta e tutte le sue frasi lapidarie, le sue scene esageratamente da spaccone (vedi il modo in cui mozza la testa a Santana), i suoi pistolotti finali.