
TRAMA
Attraverso il ricordo della cagnolina Lolabelle, Laurie Anderson costruisce una meditazione in prima persona sull’esistenza, la morte e il tempo.
RECENSIONI
Heart of a dog comincia con un sogno. Il sogno di un parto. Laurie Anderson sogna una se stessa stilizzata, dai contorni svolazzanti, tracciati a matita su sfondo rosato. In ospedale, circondata da medici e macchinari, mette al mondo una creatura. Non un bambino, ma la cagnolina Lolabelle emerge dal suo ventre, cui era stata in precedenza cucita. È questa stravagante fantasticheria, intrisa di dolcezza e sgomento, ad aprire il primo lungometraggio di Laurie Anderson dai tempi di Home of the Brave, il film concerto del 1986, dove suonava, cantava e ballava il tango con William S. Borroughs. Protagonista della scena artistica newyorchese fin dagli anni '70, Anderson è un'artista poliedrica, una narratrice capace di orientarsi fra pittura, scultura, installazioni e performance teatrali. E' una musicista e una cantante. Queste diverse esperienze artistiche convergono e si mescolano in Heart of a dog, film saggio percorso dalla voce dell'autrice e dalle sue musiche, che spaziano dai brani per violino solista all'elettronica ambient. Anderson unifica i linguaggi e i supporti, con filmati di famiglia in super 8 accostati a istantanee, spezzoni di performance e animazioni. Lo fa con ammaliante disinvoltura. Eppure Heart of a Dog non è confinabile a un raffinato esperimento di video arte. Il film è piuttosto una dolente, ma spesso sorprendentemente ironica, meditazione sull'esistenza e la temporalità, una riflessione sul linguaggio e sul potere trasformativo del racconto. Un saggio poetico dotato di una sua, pur labile, dimensione narrativa. E anche un apologo morale sulla buona gestione della tristezza. Quel che si dipana è un coacervo di frammenti che si vorrebbero afferrare nella memoria, piccole storie che si desidererebbe saper raccontare allo stesso modo - ma, come ci ricorda l'autrice, questo non si può fare mai. La memoria inevitabilmente tradisce. Anderson mescola senza soluzione di continuità Ludwig Wittgenstein e il buddhismo, memorie di un'infanzia in Illinois e riflessioni sull'America post 11 settembre, David Foster Wallace e la New York colorata e irriverente del West Village. A fare da collante, il resoconto del suo rapporto con Lolabelle, accompagnata fino alla fine - gli animali, come gli esseri umani arrivano di fronte alla morte e rimbalzano all'indietro, per un momento ., fra cecità e nuove esperienze artistiche (Lolabelle suona il piano, dipinge quadri astratti e realizza piccole sculture di plastilina), viaggi rivelatori e tentazioni psicologiste.
Nello sforzo di trascendere il particolare, di offrire un orizzonte non vincolato all'esperienza individuale, ma al tempo stesso potentemente soggettivo e personale, fra intimità e universalità, stanno la forza e i limiti del film. Malgrado didascalismi ed eccessi di enfasi, Heart of a dog scorre così come una lunga poesia, che si arricchisce di suggestioni disparate e di accostamenti più o meno riusciti. Il film è, al tempo stesso, un'incursione nel regno dei morti e un tentativo di stabilire una connessione più ricca con il mondo dei vivi. La vita è un orizzonte stabile, oltre le esistenze circoscritte dei singoli. La morte ha tanti volti. È una presenza tangibile, nel ricordo degli ultimi giorni della madre - 'ditelo agli animali' sussurra -, o dell'amico artista Gordon Matta-Clark. È un lungo sogno, nell'immaginifica spiegazione delle morti bianche e nella rappresentazione pittorica del bardo, i 49 giorni di limbo previsti dalla tradizione buddhista. E' una presenza magmatica, sfiorata e respinta, sempre rimandata, nei ricordi d'infanzia - il lancio di Laurie dal trampolino, i fratelli quasi affogati. E', infine, una dimensione sociale, collettiva, nella plumbea rievocazione dell'11 settembre, con i camion pieni di rottami che attraversano Manhattan, e lo sguardo atterrito dei newyorchesi - potenziali vittime, per la prima volta, come la cagnolina Lolabelle di fronte ai falchi dei cieli californiani. Solo apparentemente privo di un ordine interno, Heart of a dog ha il sapore di un lungo addio, di una presa di coscienza dell0inevitabile finitezza e linearità dell'esistenza terrena, e della possibilità di trascenderla, attraverso la memoria di chi resta e la comunione di corpo e spirito con il mondo animale. Ed è in questo senso che il film è anche, forse soprattutto, un commuovente omaggio al compagno Lou Reed . presenza-assenza fantasmatica, mai citato se non nella dedica finale ., che, sui titoli di coda, canta la capacità dell'amore di alterare le leggi del tempo: 'for me time has no meaning, no future, no past. And when you're in love, you don't have to ask [...] Turning time around. That is what love is'.
