TRAMA
Michel e Hélèn Aubertin formano una coppia perfetta. Lui è un notaio ambizioso, lei divide il suo tempo tra opere di carità e l’educazione del figlio. Non ci sarebbe niente di insolito, se non fosse che Michel ha un oscuro segreto: ogni fine settimana, va a Les Épicéas, la sua casa nella foresta dei Vosgi, per trasformarsi in Mylène (dal sito delle Giornate degli Autori).
RECENSIONI
L’esordiente Mario Fanfani impagina una storia vera con tratto lieve, quasi evanescente: il notaio Michel scopre la sua parte femminile “ante litteram”, a fine anni ’50, e diventa Mylène solo per i weekend. Iscrivendosi nel gender movie con grazia, Les nuits d’été è un racconto psicologico sul travestitismo che aggira il dato fisico e percorre il processo mentale che porta all’accettazione di sé: i momenti en travesti sono quelli più scontati, infatti, sia nella scrittura sia nell’aspetto visivo (soprattutto nelle riunioni di uomini/donne), mentre certamente più rilevante è la “soluzione” che l’intreccio propone. In una forma di utopia infatti Hélèn accetta il travestimento del marito, alla fine di un percorso, ipotizzando un “mondo perfetto” desiderabile e/o auspicabile, un microcosmo fifties lontano dal nostro dove l’accettazione dell’altro è la vera provocazione. Nel cambiare abito, nel rifiuto della propria condizione qui e ora, il regista suggerisce un riferimento implicito alla guerra in Algeria: «Questa guerra non aveva un nome, e riportava alla memoria le ferite profonde vissute durante i primi due conflitti mondiali. Per Michel travestirsi è una sorta di sollievo, una risposta inconscia al trauma della Seconda Guerra Mondiale». Per il resto si ferma all’agiografia, alla parabola con titolo di esempio, incarnata da attori all’altezza, confezionata “bene” ma totalmente immolata alla tesi che sostiene.