TRAMA
Addie Bundren è morta e il suo corpo, secondo le ultime volontà della defunta, dovrà essere trasportato dai restanti membri della famiglia a Jefferson per ricevere degna sepoltura.
RECENSIONI
As I lay dying rappresenta il primo adattamento cinematografico che James Franco realizza dall'omonimo romanzo di William Faulkner. La fascinazione per l’opera del romanziere americano proseguirà con la realizzazione nel 2014 de L'urlo e il furore.
James Franco scava e si muove in profondità nell’analisi di As I lay dying, riuscendo a gestire con buona capacità di adattamento e di rilettura in chiave personale la complessa struttura del romanzo. Ci viene restituita una rappresentazione che lavora e riflette sul linguaggio attraverso la sperimentazione e la riorganizzazione in termini cinematografici dei flussi di coscienza, interrotti e poi ripresi, che delineano le impercettibili oscillazioni e sussulti dell'animo umano nell'opera di Faulkner. In Faulkner lo spazio-tempo della storia combacia con lo spazio-tempo del pensiero: coordinate che nascono, escono e fluiscono dalle intime confessioni dei personaggi, da soggettive vorticose che si annodano tra loro e delle quali il lettore si fa testimone di una storia che vive prima nella mente dei personaggi e che, solo in un secondo momento, finisce per imporsi come successione di accadimenti, azioni e reazioni. James Franco si inserisce esattamente nell’ambivalenza che questa scelta stilistica comporta: se da un lato la soggettiva del personaggio apre all'abisso straripante del pensiero umano, giocando con la sinestesia e con i meccanismi della psiche, ricordi e salti pindarici, dall’altro porta avanti un elogio della condizione intrinseca alla frammentarietà dei punti di vista.
La salvezza e la caduta dei personaggi faulkneriani risiede nel loro solipsismo che accorda forma al mondo e che muove l'azione, tracciandone labili e sfumati contorni. Lo split screen è per Franco quello che il flusso di coscienza, condensato in capitoli chiusi, è per Faulkner: apertura e limitazione al tempo stesso. L’immagine è fisicamente tagliata in due sezioni che mostrano scene che si svolgono in parallelo nello stesso luogo o in luoghi diversi, la stessa azione compiuta dallo stesso personaggio vista da un'angolatura diversa, soggettive e semi-soggettive, azioni ripetute che si svolgono con una distanza temporale l’una dall’altra più o meno marcata... Raddoppiando l'immagine viene rafforzato sì l'impatto percettivo che questa ha sullo spettatore, ma si ripropone, amplificata, la sua imperfezione, il suo essere frammento tra infiniti frammenti, porzione di un tutto che non può essere colto nella sua pienezza. Lo scarto che resta non può essere colmato nemmeno dalle parole che, come dichiarano rivolti in macchina i personaggi, non sono sufficienti, non corrispondono nemmeno a quello che tentano di dire, non sono altro che forme per cercare di colmare il vuoto.
Tutti i componenti della famiglia Bundren sono anime cieche e disperate con corpi martoriati che si trascinano, scontando la vita come una lunga preparazione alla morte. A nessuno di loro è dato avere alcuna forma di consapevolezza del proprio stato di dannazione e il loro unico tratto identitario risiede nell'essere figli di una madre che ha gettato in loro il soffio istintuale, energico e beffardo della Natura. James Franco rimane fedele alla centralità che nei suoi romanzi Faulkner attribuisce alle donne e nello specifico alle donne-madri, concedendo loro un peculiare stato di grazia, come fossero le uniche in grado di mantenere intatto, tramandandolo ai figli, un primigenio impulso ad essere quello che veramente, nel bene e nel male, sentono di voler essere.
In As I lay dying solo Addie Bundren, madre defunta, motore immobile dell'azione e simbolo per eccellenza della Natura e dell'istinto, può dire lucidamente della vita, della miseria della condizione umana e del coro di miserabili che si agitano attorno alla sua bara. E James Franco le concede un evocativo flashback, facendo fluttuare la sua voce over sul ricordo del concepimento di uno dei suoi figli. Al contempo la figura del padre per Faulkner non brilla di alcuna particolarità specifica: Anse Bundren è certamente un uomo spregevole, opportunista, pigro ed indolente, ma che in definitiva è condannato al pari di tutti gli altri dalla sua stessa natura meschina. James Franco, scostandosi da questa prospettiva, lo pone al centro delle disgrazie della famiglia, accentrando su di lui e addossandogli le colpe di buona parte dei drammi che si susseguono nel malaugurato viaggio verso Jefferson. Così facendo l’asse del film si sposta, orientandosi verso una colpa che è più di Anse che della natura umana in sé, quando invece per Faulkner non esiste via di scampo per l’essere umano, a qualsiasi punto della vita questo si trovi: dalla nascita alla morte l’uomo è inscritto in una circolarità di sventura e di disperazione dovuta ed alimentata dalla sua propria natura di animale imperfetto, solo e parzialmente cieco.