TRAMA
Surin, Tailandia._x000D_
Kham vive in mezzo alla natura con il suo elefante Khon. Dopo il rapimento di quest’ultimo per mano di un gruppo di criminali, il giovane fa di tutto per ritrovarlo, immischiandosi in un complotto tra gangster, istituzioni corrotte, terrorismo e arti marziali.
RECENSIONI
Per Kham la tranquillità non è cosa.
Lo dimostra lennesimo rapimento del suo elefante Khon, che bissa quanto già accaduto nel capitolo precedente. Là cera di mezzo un restyle iconografico che prevedeva lutilizzo dellanimale come simbolo di potere per una gang criminale asiatica residente a Sidney; qua la preparazione di una bomba a quattro zampe per impedire un trattato di pace tra due fantomatiche nazioni nemiche (Katana Est, Katana Ovest).
Torna quindi il tema così caro a Pinkaew della Tradizione in pericolo, in un Paese sempre più sgretolato da corruzione, violenza, vil denaro e compulsivo progresso (l amico nerd malato di tecnologia). Lelefante ne è la metafora per eccellenza e Tony Jaa, pur non in forma come un tempo, il protettore ancorato alle radici a suon di gomitate e calci.
Quello che realmente conta però in The Protector 2 è senza dubbio lazione con le sue ipertrofiche coreografie e il ritmo indiavolato. Lasciata da parte una sceneggiatura vicina al semplice pretesto, troviamo un po di tutto: un inseguimento per le vie di Bangkok tra Kham e una banda di motorpunk il cui numero accresce di pari passo con la comicità (bungee jumping di Jaa dal ponte), scontri da picchiaduro tra scarpe incendiate e lottatori-conduttori di elettricità con effetti sonori alla Guerre Stellari, il rapper RZA che fa il villain in questione e improvvisa qualche sconclusionata mossa di non so che cosa
e via combattendo.
The Protector 2 è senza dubbio il film più eccessivo di Pinkaew. L’omaggio coatto all’action movie degli anni 80 che flirta con la comicità pirotecnica alla Jackie Chan e gli inseguimenti che ricordano le esibizioni jumpers, appare assai caotico, vittima di un montaggio frenetico lontano dalla propensione al long take, vero marchio di fabbrica di The Protector - La legge del Muay Thai. Non è più tempo delle lunghe sequenze alla Tony Jaa, dove la macchina da presa seguiva le prestazioni dell’atleta e interagiva con frizzante inventiva nello spazio della messa in scena. Il movimento del protagonista connotava lo spazio e ne faceva apprezzare il dialogo che aveva con esso (il piano sequenza nel covo della gang). Qui è tutto diverso, vuoi per un uso un po’ arretrato e pasticcione del digitale, vuoi per una post produzione che sembra limitare l’atletismo dell’eroe.
Scelta autoriale che si estremizza nella rimasticatura pop o inevitabile “problema” anagrafico per Tony Jaa? Non essendo noi preparatori atletici, aspettiamo di vederlo a fianco di Iko Uwais in The Raid 3. Soprattutto perché Gareth Evans non è Prachya Pinkaew.
