TRAMA
Un giovane entra prepotentemente nella solitaria vita di una donna matura e ha intenzione di sposarla.
RECENSIONI
Robert Aldrich ha sempre fatto implodere gli stilemi di genere delle produzioni in serie hollywoodiane: a volte restava intrappolato nelle maglie delle convenzioni volute dalla produzione, altre era più libero di esprimersi, sotto il segno di un'insolita crudezza, di rivoluzionarie tecniche di ripresa, di dettagli critici nei confronti della realtà rappresentata. Questo film è un tipico frutto del tiro alla fune fra consuetudini e sprazzi deliranti: il soggetto è abbastanza ardito, passa dal mélo sentimentale al dramma psicologico, dai colpi di scena al thriller violento, disquisisce su di un malato di mente fra incesti e amori con differenza d'età. I limiti della sceneggiatura (poco amata dal regista) affiorano nell'impalcatura, quando i punti di svolta sono preannunciati (se si sofferma su di una particolare situazione, avverrà il contrario: l'amore improvviso e felice all'inizio, la tragedia nel brutto finale, dove a Joan Crawford appioppano un inutile dialogo-fiume che, a forza di negare, afferma e rivela) e le tracce intriganti svelano le proprie carte troppo presto (il tema del sospetto alla Hitchcock, la fiducia che va oltre le apparenze). Il presagito deborda nel detto. Aldrich però, premiato a Berlino, calca la violenza, l'amore tragico, gli attimi di follia del personaggio di Cliff Robertson, l'invettiva della donna contro Lorne-Bonanza-Greene, l'elettroshock nel manicomio e gli insulti alla povera Vera Miles ("Sgualdrina!", "Caricatura di padre amoroso!") e sa anche fotografare con malinconia la solitudine di questa sua prima storia al femminile, per quanto Anne Bancroft, con quell'aspetto spigoloso, convinca poco nei panni di romantica martire (figurerebbe meglio come strega de Il Mago di Oz ma Aldrich cita un cartoon di Mr. Magoo). Non mancano soluzioni tecniche sorprendenti: l'iris al concerto sulla Bancroft che, ricordando il proprio passato, in semi-soggettiva, rivede se stessa solo "a pezzi"; la ripresa dal basso in alto della vecchia cameriera (è una soggettiva ma anche un rendere grottesco e maligno il suo disappunto moralistico); la porta su cui poggia Robertson che si trasforma in vetro per permettere alla macchina da presa una collocazione ideale fra l’attore e la porta stessa. Il tema musicale di Nat King Cole ebbe successo.