TRAMA
Un gruppo di giovani, che coabita in una casa di periferia, vuole dedicarsi alla totale “idiozia”, imitando i minorati mentali.
RECENSIONI
Lars von Trier gira questo “Idioti” dopo aver fatto un "voto di castità" cinematografica con il manifesto del Dogma (macchina da presa a mano, set reali, niente trucchi, tutto "vero", sesso compreso), intenzionato (momentaneamente) a rinnegare un passato da formalista, dedito al barocco visivo, all'elaborazione ipnotica e da illusionista dell'immagine. La finzione rincorre la realtà: anche i suoi protagonisti sono alla ricerca di una purezza e di una spontaneità perdute a causa delle sovrastrutture della borghesia e del benessere. Credono di rinvenirle nel comportamento "fetale" della beata follia (i portatori di handicap facevano da coro greco anche ne Il Regno), cercando "l'idiota che è in ognuno di noi". Nonostante gli sforzi (quasi religiosi, con tanto di capo/profeta e adepti/apostoli), molti di loro non saranno in grado di andare fino in fondo, di eliminare il filtro che separa l'ideale, la teoria dalla messa in (scena) pratica. Tutto si riduce ad un gioco di simulazione, ad una provocazione verso il pubblico buonista ed ipocrita. Questo potrebbe valere anche per il cinema di von Trier. Il vero tocco geniale del regista, forse, si nasconde nei rimandi allegorici fra quest'opera ed il suo percorso estetico, artistico ed umano: anche lui ora anela ad un cinema fatto di eloquente sobrietà, ma sa di non poter fare a meno della sperimentazione linguistica (qui gioca con il cinema - vérité, con Godard) fine a se stessa, alzando un paravento fra la teoria (l'idea coraggiosa ed intrigante alla base del film) e i risultati (l'empatia con le emozioni? con il messaggio?). Il conflitto nel suo cuore (e in ogni sua opera) si svolge fra il cinema come pratica con cui esibirsi in modo pretenzioso e la voglia di tuffarsi senza lacci (col rischio di perdersi, di perdere il controllo) negli occhi innocenti di un essere simile alla protagonista de Le Onde del Destino, o a Karen, l'unica "idiota" che, qui, riesce ad inscenare l'atto di ribellione finale. Forse von Trier è conscio del fatto che, finché assomiglierà al rabbioso e presuntuoso teorico del gruppo e non a Karen, non sarà in grado di firmare il suo capolavoro. Intanto continua a girare film dove piega gli interpreti a prove "impossibili" e si diverte a confondere le acque (telecamera e microfoni in bella vista? Sono finti errori).