TRAMA
Due affaristi italiani tentano d’aprire una società fantasma in Albania. Nominano come presidente-fantoccio un anziano carcerato.
RECENSIONI
Gianni Amelio rinviene le basi storiche e culturali del neorealismo nella caotica Albania del post-comunismo, stretta nella morsa della fame, incantata dall'opulenza della società italiana attraverso i media, in preda ad un fuggi-fuggi generale verso il lido della speranza (Bari) dal porto di Durazzo. Fra attori professionisti e non, l’autore, da sempre, fotografa le dolorose realtà con i modi dell’inchiesta romanzata, privilegiando la combinazione di coppia e il contraddittorio fra solidarietà ed egoismo, trasgredendo la sceneggiatura a vantaggio della schiettezza che, in casi rari e magici, emerge lungo il farsi di certe opere (spesso, le sue). L’obiettivo è di scuotere le coscienze con un processo di immedesimazione partecipata, che identifichi la prospettiva sulla desolazione quotidiana con quella dello sguardo dello spettatore. La schematicità dell’insistito parallelo fra questa realtà e quella dell'Italia emigrante del dopoguerra (l’uomo anziano, interpretato dal regista Piro Milkani, crede di imbarcarsi per l'America) e la natura didascalica del meccanismo con cui l'affarista italiano, nauseato dalla miseria, è calato nei panni di chi sta peggio, non inficiano il vigore di un’opera che riesce a Colpire al Cuore (per citare un altro titolo del regista) e pone (in) questione, relativizzando il contesto nel tempo e nello spazio e additando la presunzione del privilegiato che confonde il bisogno con l'ignavia. L’Odissea in un paese “come Litalia quando Lamerica” si fa epica, surreale (basta lasciarsi trasportare dalle fantasie del vecchio) e al contempo straziante: è stata amata (premio Felix 1994 come miglior film europeo) e denigrata, nella fattispecie dal noto scrittore albanese Ismail Kadarè, che l’ha accusata di razzismo, infastidito da scene come quella in cui i bambini, per un paio di scarpe, quasi ammazzano il vecchio. La figura peggiore, però, la fanno i personaggi italiani. La “cinemascopica” sequenza finale, con la nave stracolma di albanesi, resta scolpita nella memoria.