TRAMA
Francia, 1662: Luigi XIV è un despota che affama il popolo. D’Artagnan gli è fedele, gli altri moschettieri liberano dalla prigione un sosia del sovrano per sostituirlo.
RECENSIONI
Devozione alla corona, chiunque la porti o alla vera regalità, sinonimo di giustizia? L'esordio alla regia dello sceneggiatore di Braveheart si risveglia dal torpore nella seconda parte, quando in primo piano ci sono lo strazio d'una lotta intestina fra amici fedeli e il dilemma di un uomo (D'Artagnan) diviso fra dovere e sentimento. Altrimenti rischiava di vivere di rendita, appagato dalla sua "maschera", dalla facciata di routinario kolossal d'avventura in costume, adeguatamente sfarzoso e ricco di nomi illustri nel cast, votato al melodramma e allo spettacolo con piccole puntatine ilari (al personaggio di Gerard Depardieu sono riservate le macchiette e la malinconia d'una giovinezza perduta). Romanziere di successo, Randall Wallace alterna all'epica da fumetto (la traiettoria della spada di D'Artagnan che salva il Re), alcuni dialoghi di provato mestiere e spessore letterario. Strizza l'occhio alle allegorie (sono in tanti a portare una maschera, a nascondere un segreto) ma finisce col preferire gli sviluppi più grezzi, operando significative variazioni sul romanzo di Dumas, fra candide da traviare (Judith Godrèche), gemelli antagonisti sin troppo antitetici (cattivissimo/mansuetissimo, ma con un Di Caprio molto bravo), padri senza figli, coppie private dell'amore, gesta eroiche da Mucchio Selvaggio (la carica finale) e colpi di scena da soap. L'incontro "segreto" fra madre e figlio, al ballo mascherato, è toccante.