Commedia, Recensione

IL RUGGITO DEL TOPO

Titolo OriginaleThe mouse that roared
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione1959
Genere
Durata89’

TRAMA

Il piccolo stato di Gran Fenwich, sull’orlo della bancarotta, dichiara guerra agli Stati Uniti, sperando in una resa remunerativa. Il suo esercito però, sbarcato a New York, riesce a rubare una temibile bomba.

RECENSIONI

Basta poco per mettere in ginocchio una superpotenza ed il mondo intero: una super-bomba portatile. Jack Arnold, severo cantore americano delle fobie atomiche, stanco del fantahorror in cui eccelleva, si prova nella satira feroce e passa al "nemico" (una produzione della Gran Bretagna, paese dove mosse i primi passi come attore) per fustigare meglio la leggerezza nella corsa agli armamenti della madrepatria. Gli sceneggiatori Roger MacDougall e Stanley Mann, adattando il romanzo di Leonard Wibberley, gli offrono una serie di frecce (è il caso di dirlo con dei soldati che vestono armature ottocentesche…) avvelenate che, mentre fanno un solletico da morire, mettono anche in "circolo" delle voci inquietanti: e se i "ladri", stuzzicati dallo strapotere economico degli Stati Uniti, fossero stati dei veri malintenzionati? Basta un cretino per scatenare l'Olocausto? È sufficiente una diceria per creare il panico di massa (tutti credono che siano sbarcati i marziani…)? Sono tutti così irresponsabili gli uomini che giocano a "rugby" (la forma ovale della bomba…) con tale potere distruttivo? E che dire dell'ipocrisia delle nazioni, sempre pronte ad allearsi con il più forte? Meglio (non pensarci e) crepare dal ridere con il trasformismo di Peter Sellers (nei panni della Duchessa!), con la commedia paradossale degli equivoci, le gag della seduzione femminile annullata dal senso di nausea, dei cartelloni di benvenuto per gli yankee, della Convenzione di Ginevra scambiata per una commedia teatrale, del compassato speaker radiofonico della BBC. Il topolino, nel cartone animato in apertura, terrorizza la Statua della Libertà della "Columbia Productions", sfila ingenuo e baldanzoso davanti alla "Queen Elizabeth", si trasforma in un piccolo, grande film che, bombardando delle terribili verità con il sarcasmo, muta il proprio squittio in un boato. Non era necessario il finale predicatorio.