Commedia, Recensione

IL TORO

NazioneItalia
Anno Produzione1994
Genere
Durata105’

TRAMA

Licenziato dalla cooperativa di allevatori bovini, il friulano Franco ruba un loro pregiato toro da riproduzione e convince il fratello a seguirlo in un’odissea fino in Ungheria per rivenderlo.

RECENSIONI

L’opera dello sceneggiatore Carlo Mazzacurati (Marrakech Express, Domani Accadrà) è piaciuta alla critica, ha vinto il Leone d’Argento a Venezia e ha regalato a Roberto Citran la Coppa Volpi per la miglior interpretazione da attore non protagonista. Per quanto drammaturgicamente solida e tematicamente piacevole, resta una commedia on-the-road dove niente viene approfondito, né il rapporto tra fratelli, uno più estroverso e intrallazzatore, l’altro più mansueto e sentimentale, né il viaggio “nell’altra Europa”, povera e contadina, partendo dal Friuli per dirigersi in un Est (Ungheria) che ha subito notevoli cambiamenti, passando anche di fronte ai profughi della guerra iugoslava. Mazzacurati non cerca certo la pellicola di impegno politico: semmai vuole rifare il verso alla gloriosa commedia all’italiana, quando era (solo) specchio di un malessere sociale, la stessa cui aveva ridato vita nel periodo Gabriele Salvatores che però, conscio che certe problematiche poteva solo evocarle, si dedicava anima e corpo al ritmo veloce, alle battute, alle trovate divertenti, all’interagire spigliato dei caratteri. A Mazzacurati, invece, piace l’andamento rilassato, cavalca le musiche malinconiche di Ivano Fossati per prendersi lunghe pause su di uno stato d’animo, su certo folklore, sul paesaggio. Così non fa che innacquare il potenziale cinema d’intrattenimento in un trend lasco che non trova riscontro nella sostanza riflessiva, mentre la sceneggiatura non ha così tanto da offrire sul fronte degli spunti, dei dialoghi, delle situazioni intriganti. Si manca un doppio bersaglio…oppure si centra una consolatoria via di mezzo. Cameo del regista Alberto Lattuada (è Colombini) e fulminante, come sempre, la presenza del bravo Marco Messeri, nel solito ruolo di essere sgradevole.