TRAMA
Nel luglio del 1917, il governo provvisorio guidato da Kerenskij fermò nel sangue una folla di bolscevichi ribelli. Questi ultimi, guidati da Lenin, non si arresero, e s’adoperarono affinché si compisse la Rivoluzione.
RECENSIONI
A dieci anni dalla Rivoluzione d’Ottobre, il governo sovietico ne affida la rievocazione apologetica (anche) a Eisenstein, che fu costretto a interrompere le riprese del “suo” La Linea Generale: da grande artista qual era, però, il regista, ispirandosi anche al romanzo di John “Red” Reed (vedi Reds di Warren Beatty), si guardò bene dal vanificare la propria ricerca sperimentale in una mera cronistoria epica ed elegiaca, e restituì, nei limiti di uno pseudo-documentario sublimato in finzione e viceversa, una sorta di puzzle d’immagini allucinate, tutte simboliche grazie al noto montaggio analogico, raffiguranti anche oggetti ed episodi futili (ma importanti per il loro messaggio “intellettuale”), per presentare le proprie riflessioni e impressioni sui fatti anziché i fatti stessi. Da affresco magistralmente “reale” ed emotivo (La Corazzata Potemkin), il suo cinema inizia ad applicare le teorie più colte del suo “montaggio delle attrazioni” (ovverosia accostamento di una figura a un’altra che ne costituisce allegoria), a volte anche troppo lapalissiano nelle giustapposizioni, ma semplicemente sublime nelle soluzioni di montaggio in generale, elaboratissime, sorprendenti, geniali anche grazie ai copiosi, immaginifici, diversi punti di inquadratura. Ne scaturisce una pellicola che ha un che di imponente, non solo per il tono epico, l’uso di larghi mezzi e masse, ma proprio per ciò che riesce ad evocare. Una forma “sintetica” che scontentò pubblico e critica (doveva esserci un seguito che non si fece) ma salva noi, oggi, dalle imperanti ampollosità didascaliche di Regime, che lasciano sempre il tempo che trovano. Inevitabile il manicheismo (i borghesi festanti all’inizio), ma non manca anche un più sano e feroce sarcasmo (Kerenskij che si nasconde sotto i cuscini) e, più in generale, non si può che godere delle varie composizioni sovraccariche, barocche (anche per gli effetti speciali), potenti, spettacolari: dalla deposizione della statua dello zar, alla memorabile sequenza con la repressione della dimostrazione di Luglio, che contiene anche la famosa scena del cavallo morto che penzola da un ponte levatoio, dalla lirica efficace della donna-soldato che si arrende dopo aver visionato, mesta, una statua raffigurante due corpi nudi in amore, a tante piccole allegorie come quella che rimarca un piede che scavalca il cancello del Palazzo d’Inverno con l’immagine di una corona (lo zar, il vecchio lasciato alle spalle), quella anticlericale dove un dipinto raffigura Gesù Cristo che benedice gli zar, quella contro l’opulenza con la faccia attonita del soldato che si ritrova nelle stanze reali (e vede per la prima volta un bidè).
