TRAMA
XIX secolo: una zingara circuisce Sir Deverill, un signorotto pieno di debiti, per estorcergli del denaro. Quest’ultimo, in realtà, è il beneficiario di un’eredità che andrà a sua sorella nel caso trovi moglie.
RECENSIONI
Grande melodramma in costume che diventa thriller: talmente torbido, spietato, decadente da essere maledetto e cult. Melina Mercouri è una zingara passionale, libera e selvaggia come il sir Deverill protagonista prima che venisse sedotto con mire venali: entrambi diventano schiavi di un amore opprimente e peccaminoso, degradandosi (tema ricorrente, come la sudditanza, in Losey) e purificandosi nella splendida, L’Atalanteiana sequenza finale. Losey ritrova anche il tema del “diverso” (la zingara) osteggiato dalla comunità (vedi Il Ragazzo dai Capelli Verdi) e un ritmo incalzante e appassionante come nel precedente L’Alibi dell’Ultima Ora (1957), ammantato di inedite venature di follia (Deverill che ride, insano, sotto lo sguardo degli avi nei dipinti). Talento discontinuo e incoerente, fra cinema di genere e prettamente d’autore, quello di Losey forse dava il meglio di sé proprio nel primo campo, che innalzava facendolo proprio nell’iconoclastia e nella ricorrenza di ossessioni tematiche e stilistiche (tornerà spesso anche al cinema in costume). La sua è una produzione variopinta che, spesso e molto più di quel che si pensi, doveva molto dei propri risultati alle sceneggiature adottate, per quanto accettasse di dirigerle con criterio e forte personalità. Produce e domina quest’opera la Rank inglese, sulla scia di successi come L’Uomo in Grigio, dato che Losey fu estromesso dalla fase di montaggio. Magnifici Flora Robson (l’attrice) e Patrick McGoohan (lo zingaro di ghiaccio).