Drammatico, Recensione, Thriller

BLUE RUIN

Titolo OriginaleBlue Ruin
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2013
Genere
Durata92'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Dwight conduce un’esistenza misera e solitaria: senza una casa in cui vivere, dorme in una vecchia Pontiac e si accontenta del cibo che riesce a recuperare dai cassonetti dell’immondizia. Quando scopre che il responsabile del brutale omicidio dei suoi genitori, causa scatenante della sua deriva sociale, è tornato in libertà, il desiderio di vendetta diviene un’ossessione.

RECENSIONI

Storia di una vendetta che diventa spirale di violenza potenzialmente inarrestabile, proposta in forma di pedinamento del protagonista, Blue Ruin racconta, per graduale accumulo di informazioni, la rivolta di un uomo normale che si sviluppa in un’escalation di violenza efferata, all’insaputa della polizia, tenuta sistematicamente lontana dagli eventi. La storia procede, dunque, senza scoprire le carte, evidenziando per tappe tutto il pregresso, i sanguinosi misfatti che hanno portato alla situazione attuale di rivalse incrociate. Il film convince per lo straordinario lavoro sui toni, la stravaganza di alcuni momenti non intaccando l’intensità drammatica del costrutto e mischiando con grande disinvoltura brutalità e straniamento, il registro dark in felice connubio con l’intelligente intelaiatura.

Molto ben scritto, con dialoghi secchi e un'azione sempre motivata e tesa, Blue Ruin è molte cose: parte come un road movie, ha momenti da puro action, vanta personaggi e situazioni da commedia nera - con derive splatter (la freccia conficcata nella coscia) -, asseconda le istanze della tragedia familiare (il massacro finale). Tale varietà non va a discapito della compattezza, anzi, il film si fa forte della sua mutevolezza, fa leva strategicamente sui cambi di prospettiva, li piega alle ragioni della suspense, senza mai scivolare nel cervellotico, ma perseguendo la sua logica lineare (You point the gun. You shoot the gun) senza sgarrare una sola sequenza. Il risultato è un'opera sorprendente, mutante come il suo protagonista (che non a caso, una volta che si rade la barba e si taglia i capelli cambia fisionomia), girata con sottile distanziamento, con superbo lavoro sul suono (efficacemente partecipe del dramma del protagonista), in cui se è facile individuare dei riferimenti, appare anche gratuito enumerarli, stanti l'incisivo e originale modo in cui Jeremy Saulnier fa uso degli ingredienti e la disinvoltura con cui, mescolandoli, rende significativi dettagli e situazioni. Miglior film in competizione al TFF 2013, colpevolmente ignorato dalla giuria. Imperdibile.