Commedia, Recensione

LA CAGNA

NazioneItalia
Anno Produzione1972
Genere
Durata90’

TRAMA

Un pittore vive isolato dal mondo su di un’isola. Entra nella sua vita una donna, fuggita dallo yacht del suo uomo per capriccio. Gelosa del cane Melampo dell’artista, lo uccide e lui la costringere a prendere il suo posto.

RECENSIONI

Un autore come Ennio Flaiano (scomparso lo stesso anno e non contento della riduzione), pungente, grottesco, capace di cogliere gli aspetti paradossali della realtà quotidiana, si sposa benissimo con il cinema di Ferreri: l’opera è tratta dalla sua novella Melampus, nome canino preso in prestito dal Pinocchio di Collodi. Un quadro sconsolato sulla solitudine dell’uomo, ma non solo: la componente più affascinante dello stile del regista è proprio questo suo “vagare” a bassa definizione pur in presenza di ingredienti forti e provocatori; questa ricchezza di sfaccettature e mancanza di sottolineature, con l’una “sposa” dell’altra. A Ferreri piace “viaggiare” e fare “viaggiare”, non tanto tradurre nell’intellegibile o, peggio, essere intellegibile: i livelli di lettura dei suoi soggetti si moltiplicano, nel migliore dei casi, o non portano a niente nella moltiplicazione, nel peggiore, quello dove i contenuti paradossalmente si impoveriscono nello schema dell’assenza di schema. Ecco perché chi ha visto in questo film componenti di misoginia (la donna accettata solo in veste di “cane” servizievole e, al contempo, essere crudele disposto a tutto pur di possedere ed essere posseduta dall’oggetto del proprio amore) si è fermato ad un primo livello; chi ha letto il tutto come mera tematizzazione dell’incomunicabilità e desolazione nell’essere umano ha forzato i rivoli dei (suoi) pensieri. È la sensazione da sorriso amaro che la visione lascia alla fine a contare, nonché gli stimoli inconsci che ha provocato, quelle idee di una frazione di secondo che può aver fatto insorgere. L’opera appartiene ai parti ferreriani impregnati di indisponente impalpabilità che dice e non dice; d’altro canto, spesso, quando l’autore si è concentrato maggiormente su impulsi grotteschi e sorprendenti più comprensibili, senz’aura ambigua di non-definizioni, tutto era meno interessante. Il giusto mezzo ci ha regalato i suoi capolavori. Catherine Deneuve è stata scelta anche pensando a Bella di Giorno. Un finale di gran classe (notare che l’elica dell’aereo pronto per il decollo si muove, ma il motore è spento): un gesto senza senso che ne acquista parecchio, invece, per i due protagonisti.