TRAMA
Arnie è un ragazzo schivo, timido e isolato che acquista un’automobile malmessa e la rimette a nuovo con amore. Fra il giovane e la macchina si stabilisce un rapporto morboso: quest’ultima è viva e possessiva.
RECENSIONI
Da Stephen King, un Duel mélo, una storia fra l'horror e il romantico, dove lo spettatore non sa se temere o provare un malato trasporto per la Plymouth Fury del 1958 dotata di vita propria e innamorata del protagonista, un Keith Gordon che John Carpenter, infatti, vuole pallido ed inquietante come un vampiro, aumentando la difficoltà di individuare la vera vittima. Il Carpenter politico, poi, sotto sotto, non manca di additare il feticismo del consumismo, il prodotto commerciale che finisce con fagocitare il consumatore ma il rapporto con l’automobile, in particolare, è emblematico del processo inconscio di antropomorfizzazione dell’oggetto. Per quanto il regista, scottato dall’insuccesso di La Cosa dell’anno precedente, consideri il film un ingaggio alimentare e, come tutti i lavori successivi, un passo indietro rispetto alla cupezza apocalittica verso cui tendeva, in realtà siamo di fronte a un’opera meravigliosamente conturbante e fra le sue migliori, anche perché, a differenza del libro, il regista sceglie di donare un’anima maligna “originale” all’auto, anziché farne una questione di possessione da parte del fantasma del precedente proprietario. Il tutto potrebbe anche essere letto come una vendetta del passato idealizzato (gli anni cinquanta della Plymouth: Christine uccide a suon di rock’n’roll) sul presente. Per la cronaca: anche in un episodio de Il Giardino delle Torture di Freddie Francis era raffigurato un pianoforte “vivo”, geloso del suo padrone e assassino delle sue “altre” amanti.
'Lei è seduttiva, appassionata, possessiva, lei è puro male' introduceva il trailer del film di Carpenter nel 1983. Christine, Plymouth del '58 rosso fiammante, partorita nella catena di montaggio dell'immaginario horror di Stephen King, ha il carattere di una spietata serial killer. Per vendicare l'indifeso Arnie che le ridà splendore, riverserà il suo potere distruttivo prima sugli odiosi compagni e poi sulla fidanzata Leight, insulsamente giovane e carina, tentando di soffocarla, come la figlia del vecchio proprietario, mentre mangia un hamburger sui suoi sedili al buio di un drive in. Quale migliore apoteosi per frantumare lo sfarzo posticcio del benessere stelle & strisce in un parossismo di crudeltà? I suoi metodi sinistri e sottili - click sei intrappolata nell'auto - l'humor nero nella scelta dei pezzi Rock'n roll suonati dalla sua autoradio come commento sonoro agli omicidi, suscitano empatia, un pizzico di sarcastico compiacimento. La macchina infernale strizza il fanale allo spettatore mentre il suo radiatore sembra sinistramente sorridere.
Il parallelismo oscuro tra l'uomo e la macchina, destinato a fondersi sempre più intimamente nei gorghi consumistici che introducono agli anni '80, si unisce al fascino romantico delle rovine nellera della riproducibilità tecnica dando vita a un pericoloso percorso di simbiosi. La macchina - strumento di morte - qui rivive con una sublime componente nostalgica come personaggio a sé: sorniona, sarcastica e seducente dark lady a quattro ruote, capace di sprigionare un malevolo fascino da diva anni '50. Con Crash, già nel 1971 James G. Ballard aveva tracciato un percorso d'introspezione verso l'estetica mortuaria insita nel contemporaneo definendo 'l'automobile come metafora totale della vita dell'uomo nella società odierna'. L'analisi sui confini del desiderare l'artificiale qui è ribaltata nella figura della macchina desiderante. Christine è umana e svolge un ruolo tutelare nei confronti di Arnie che, parallelamente al suo restauro, ritroverà confidenza in se stesso e l'indosserà come una corazza di cinismo per affrontare il mondo adulto. Il guscio protettivo dell'auto, così come il giubbotto di pelle rossa, è il rovescio oscuro dell'adolescente indifeso. L'ibridazione della coscienza si fonde nel divenire macchina.
Valentina De Liso*