Commedia, Sala

ASPIRANTE VEDOVO

TRAMA

L’inetto Alberto Nardi è sposato con la superefficiente capitana d’industria Susanna Almiraghi. Piccole distrazioni e meschine rivalse contro chi è più in basso di lui nella scala sociale gli sembrano sufficienti a evadere dall’umiliante ménage famigliare, finché non gli balena l’idea di liberarsi della molesta consorte.

RECENSIONI

Improba fatica, quella di rifare Il vedovo di Risi e della coppia Sordi-Valeri aggiornandone le coordinate alla sociologia e all'antropologia dell'Italia odierna. Si comincia male, con Littizzetto che parla di escrementi - come il suo personaggio della domenica televisiva - e non riesce a star seria di fronte alla mdp. Dopo questa falsa partenza, il regista sa estorcere all'attrice quelle note odiose di cui si era già mostrata capace nel bel film di Carmine Amoroso Cover Boy, mentre De Luigi arpeggia sul registro d'una mediocrità frustrata e ribalda (gli nuocciono i tentativi di emulare l'esagerata teatralità dell'illustre predecessore).

L’ambizione di approdare, muovendo da una commedia di costume, alla satira sociale, è servita da una sceneggiatura (ove si distingue la mano di Ugo Chiti, uno dei più versatili ed esperti uomini di spettacolo italiani) di discreta seppure meccanica efficacia nel collegare miseria morale, avidità economica e assenteismo civico.
“Si ride poco”, è stato detto; c’è ben poco da ridere, in verità. A ben vedere, non si rideva molto anche in alcuni ottimi esempi della cosiddetta commedia all’italiana; fu poi l’assunzione ad archetipo di certe figure, e la distanza temporale dalla realtà originariamente in esse messa a fuoco, a renderle simpaticamente innocue al senso comune. Ogni paragone con quell’aurea e discussa stagione sarebbe detestabile; ma non è strano che il sorriso si muti in sogghigno e smorfia, ove nello sguardo prevalga l’acredine.

Sorprendono positivamente, in un film prodotto dall'emittente televisiva pubblica, una cattiveria che non cerca diluizioni o vie di scampo - tanto più d'effetto quanto meno esclamativa, ma regia e script si concedono talora inopportune sottolineature - e certi timidi azzardi stilistici. Funzionale l'architettura della macrosequenza dell'attentato. Acido, dunque benvenuto, lo sberleffo del sottofinale. Compagnia d'attori efficiente: ai due protagonisti fanno corona il falso contegno di Alessandro Besentini, la lubrica immobilità di Bebo Storti, la ferocia sottile di Roberto Citran.