TRAMA
La fuga di Céline, dodici anni, vittima di abusi da parte del padre. La ragazza si nasconde nel tir di un camionista scozzese di passaggio…
RECENSIONI
Agnès B. frequenta la fiaba. La regista, al secolo stilista Agnès Troublé, deforma il consumato schema proppiano alterandone gli elementi nel segno della contemporaneità: qui l’antagonista è il padre, l’abuso sessuale è l’orco contro cui battersi, l’aiutante è sospetto pedofilo (agli sguardi degli altri), ma in realtà angelo custode “magico”, dalla ignota provenienza. L’eroe Céline fugge, perché allontanarsi da casa è l’unico eroismo, la rottura che prepara alla spersonalizzazione necessaria: deve svanire l’identità precedente, bisogna dimenticarsi di sé, scordare il proprio nome per poi ri-nominarsi, spogliarsi del senso compiuto e autodefinirsi con una labiale: Je m’appelle Hmmm... Il road movie della bimba abusata, come un romanzo di J.T. Leroy all’incontrario, non è verso l’abisso ma in cerca della catarsi, gradualmente costruita con un complice che parla un’altra lingua: la parola è ancora bandita, sia per il nome sia per la comunicazione verbale, lo straniero ha il solo compito di liberare la protagonista.
Un esordio nella finzione di sconcertante ambizione, viaggio su terreni minati affrontati a viso aperto: dalla storia nell'occhio dell'infanzia (una Lou-Lélia Demerliac fragile ma resiliente) agli innesti rarefatti e sperimentali, dalla manipolazione dell'archetipo alla solare tensione poeticizzante della seconda parte. Problematico quanto sfacciato, il movimento di Hmmm è troppo lungo, annacquato, liricheggiante: rimastica cinema precedente (il bambino in fuga, inutile elencare), disegna traiettorie controverse, inciampa in errori di scrittura marchiani (il repentino e incredibile pentimento finale: il lupo che si taglia le zanne). Eppure per questa natura scoperta, quasi oscena, per questo insistente rimestare niente è riconciliato davvero, tutto resta disagevole e spiazzante. Forse perché, tra le righe del film a tappe, tra le pieghe della hybris della regista, si ha sempre un punto fermo: il lato oscuro della fiaba, i mostri che si incontrano nel bosco, l'incubo nascosto nel racconto. Ombre sulla superficie, ma tutto sommato inquietanti, difficili da scacciare.