Fantascienza, Recensione

STAR TREK – INTO DARKNESS

TRAMA

Dopo aver salvato la vita a Spock contravvenendo alla Prima Direttiva, Kirk ha il compito, datogli dall’ammiraglio, di trovare e uccidere un misterioso superuomo che, in un attentato, ha fatto strage dei vertici della flotta stellare.

RECENSIONI

La rinascita con parto naturale del precedente Star Trek, purtroppo, torna in provetta per la serializzazione: nuovo sottotitolo, al posto di “Il futuro ha inizio”, “Il passato ricomincia”. I trekkiani Robert Orci e Alex Kurtzman (affiancati dal Damon Lindelof di Lost) abbandonano la stanza della reinvenzione e scrivono simulando i precedenti, mentre J.J. Abrams si prodiga nella componente spettacolare, girando in IMAX (3D in postproduzione) con copiose scene d’azione e sconquassi vari, costosi effetti speciali e set enormi, elaborati storyboard e inattesi pericoli (il finale con sindrome da 11 Settembre). Il capitolo del 2009, prequel-reboot in linea temporale alternativa, rifondava tornando alle origini, promettendo innovazioni nel rispetto della matrice, accantonando la filosofia di Gene Roddenberry in favore di una “morale” che scaturisse dalla continua dialettica Spock/Kirk (sacrificando oltremodo gli altri personaggi): Into Darkness mantiene solo quest’ultimo aspetto, ma con patetismi calcati fino all’imbarazzo (o c’è eretica volontà di suggerire la loro latente omosessualità?). In assenza, per la prima volta nella storia del “brand”, di una serie Tv alle spalle che, al contempo, giustifichi (la familiarità con i personaggi) e completi l’opera cinematografica (ovviando alle inevitabili lacune di una complessa cosmogonia), era opportuno che gli sceneggiatori osassero “Là dove nessun uomo è mai giunto prima”, pur mantenendo il modello etico-comportamentale dell’equipaggio dell’Enterprise (sineddoche dell’umanità evoluta intera): invece si adagiano sui modelli originali, contornandoli di figure risapute (i super-soldati sacrificati, il superiore megalomane) e ripescando, addirittura, L’Ira di Khan (oltretutto, modello estetico anche del precedente capitolo), mentre Abrams perfeziona il dejà-vu con pizzichi di I Predatori dell’Arca Perduta (il prologo), Star Wars (su Kronos) e polizieschi vari (l’inseguimento finale nel “traffico”). Avvincente, (abbastanza) ben raccontato, il (non) nuovo Star Trek è “into darkness” più per rischio d’oblio che per accenti della narrazione.