Drammatico, Sala

UN GIORNO DEVI ANDARE

TRAMA

La trentenne Augusta ha perso il figlio ed è stata abbandonata dal marito: parte per l’Amazzonia, a bordo di un battello con una missionaria, per evangelizzare i villaggi lungo il fiume. Insoddisfatta dell’esperienza, si trasferisce nelle palafitte di Manaus, ospite di una famiglia povera.

RECENSIONI

Troppi mondi possibili

Anche in L’Uomo che Verrà, si avvertiva la tendenza di Diritti ad alterare il realismo verso una più forzata poesia didascalica. In questo esotico percorso alla ricerca di se stessi e di Dio, per quanto confermi il proprio interesse per l’approccio documentaristico, le piccole comunità e le lingue “aliene”, l’autore bolognese perde se stesso, i tratti salienti di una poetica che sa evocare sapori antichi, ritrarre atteggiamenti temprati dalla ruvida esistenza e ristabilire il ruolo primigenio della Natura. Soprattutto, perde quella genuinità che, nel non-detto e nelle immagini anamnestiche, germoglia(va) stra-ordinaria. Si allontana dall’Italia, da Olmi e Piavoli, alla ricerca di una parabola con programmatiche tappe e tesi finali aperte, dove manca la spontaneità della scoperta, non viene trasmesso il dolore della fuga (rendendo inconsistente anche la catarsi) ed i personaggi abitano una vacua superficie, fra banali considerazioni in vana cerca di complessità attraverso l’indeterminatezza: Augusta ha perso la nuova famiglia, rifiuta quella di provenienza (madre e nonna: figure poste in parallelo infecondo e spossante), cerca il senso in Dio (dando per scontato che ricerca spirituale e religiosa collimino), nel confronto con differenti valori, in una nuova comunità, nella solitudine, nel “miracolo” dal Mare (con “bimbo rubato” alla Tutti i Santi Giorni). L’opera abbraccia il mito della miseria felice che sorride senza comprarti, attacca l’avidità del capitalismo e, negli sguardi sulla realtà/umanità di Manaus, Diritti pare ritrovare se stesso: ma l’idillio rivela le proprie brutture sia nel racconto sia nella scrittura che lo restituisce, troppo affabulata per possedere naturalezza. Il senso d’appartenenza alla propria comunità potrebbe essere il tessuto connettivo degli eventi, ma anch’esso si scioglie nei troppi mondi possibili, in uno scambio fra madri senza figlio. Se il laconico “Un giorno devi andare, devi essere e devi sperare” voleva trovare un corrispettivo filmico, doveva essere affidato al lirismo delle immagini, quello del totale dell’imbarcazione Itinerante persa nel fiume della Vita, invece che ergersi su tanti enunciati che, infine, non hanno il coraggio delle proprie idee.