Commedia, Drammatico, Recensione

IL LATO POSITIVO

Titolo OriginaleSilver Linings Playbook
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2012
Durata122'
Sceneggiatura
Tratto dadal romanzo di Matthew Quick
Scenografia

TRAMA

Affetto da disturbo bipolare, perde tutto. E vuole ricominciare. Intanto, incontra una ragazza. Decisamente problematica.

RECENSIONI

David O. Russell torna dopo The fighter ad affrontare il tema della scissione dell'animo umano e delle ripercussioni di questa frattura sull'ambiente esterno, sociale e familiare. Dickie Ward e Pat Solano subiscono lo stesso fascino deleterio del passato, un passato che li incornicia vincitori apparenti sulla propria vita: il primo ancorato ad una vittoria leggendaria sul ring, il secondo totalmente immerso in una storia d'amore idilliaca. Poi il naufragio, per entrambi. Il lato positivo marca uno scarto rispetto al predecessore: Pat Solano torna a casa dall'ospedale psichiatrico con la diagnosi di bipolarismo, conscio di dover recuperare terreno sulla propria vita, fermo nella convinzione di dover rimettere insieme i cocci del proprio matrimonio. In Dickie Ward la consapevolezza del proprio stato di emarginazione sociale e mentale mancava in maniera assoluta, complice una famiglia-coro soffocante e arroccata ancora sull'immagine del figlio-fratello leggendario eroe indiscusso della città. In Il lato positivo i toni si smorzano rendendo possibile la messa in scena di una commedia sviluppata in interni borghesi, pervasa da un diffuso senso di leggerezza e di autoironia (si pensi al ragazzo che bussa alla porta della famiglia Solano cercando di intervistare Pat sui suoi problemi psichiatrici. Non è forse un ribaltamento in chiave ironica del documentario che in The fighter svelava il dramma reale della famiglia Ward?). La famiglia Solano, con i propri tic, con le proprie ossessioni e piccole manie cuce attorno al protagonista una coltre protettiva a suo modo porosa, capace da un lato di manifestare le proprie evidenti debolezze umane (l'ossessione del padre per il football e il suo disturbo maniacale che si manifesta in un feticismo per tutti quegli oggetti, dettagli, rituali scaramantici legati alla sua squadra preferita, gli Eagles) e dall'altro di lasciar trapelare il nuovo che incombe e che potrebbe rappresentare la salvezza.

L'attrazione-repulsione del protagonista verso il cambiamento e verso la consapevolezza che non esiste nessun passato da riscattare e da riproporre è incarnata dalla figura di Tiffany, giovane vedova che si affianca a Pat riconoscendo in lui un forte senso di empatia motivato dal loro reciproco disequilibrio esistenziale. Personaggi scissi, appesantiti da un passato insopprimibile ma anche disperatamente tesi alla normalizzazione dei propri atteggiamenti sociali, in cerca di una 'strategia' di riscatto e di sopravvivenza, una loro personale regola di adattamento al mondo che è inevitabilmente mutato. La metafora dello sport da un lato e quella della danza dall'altro sono la trasposizione dell'agonismo in atto in ogni essere umano per il superamento del dolore e della solitudine. Forme di apertura che riformulano gli equilibri, che riallineano le capacità e che svelano i falsi movimenti in cui i personaggi si rifugiano per evitare di smascherarsi. La linearità della narrazione mantiene un equilibrio impeccabile e lucidissimo: la prima parte affidata al ritorno a casa da parte del protagonista (momento in cui prevale il rapporto tra Pat e i genitori) si collega naturalmente alla seconda (inizio della frequentazione di Pat con Tuffany) per poi confluire nella terza e conclusiva sezione del racconto in cui tutti quegli elementi eterogenei si coalizzano 'sportivamente' per la sopravvivenza della loro atipicità, vissuta adesso come forma di ricchezza riconosciuta e in grado non più di separare ma di unire.

È, con ogni probabilità, l’opera (ereditata dal defunto Sydney Pollack) più “hollywoodiana” di David O. Russell, se intesa come recupero di codici, ammiccamenti e stilemi “classici”: anche il suo Amore e Disastri era una commedia con sentimento, lieto fine e registri mainstream, ma l’iconoclastia di Russell portava il film su selciati più scomodi. Paradossalmente, ad essere anomali qui sono gli ingredienti del romanzo di Matthew Quick (“L’orlo argenteo delle nuvole”), dallo stesso regista adattato con non poche tracce autobiografiche (il regista si è identificato con il personaggio di Robert De Niro, è stato lasciato dalla moglie, ha un figlio bipolare che ha un cameo, e una famiglia di origine italoamericana), ma maneggiato con tutti gli espedienti più rodati per coinvolgere, far fremere, divertire, commuovere lo spettatore. E non è necessariamente un male: sarebbe ipocrita inneggiare oggi, col senno di poi, a tante commedie sentimentali deliziose, instradate ma irresistibili del passato, e non riconoscere a quest’opera di essere riuscita a replicarle appieno, senza troppe artificiosità, con qualche leziosità di troppo (il Chris Rock ballerino, il friggere per la gara di ballo e così via). Compie, cioè, quel “miracolo” non vittorioso della gara, dove i due ballerini danzano su di un pot-pourri di canzoni, diverse ma efficaci (qui si mixa tragedia, romanticismo, commedia), e strappando un misero 5, pur vincendo agli occhi dello spettatore. Mutatis mutandis, ecco il film e i suoi meriti: sopra tutti, Jennifer Lawrence. Bravissimo e (ri)scoperta Bradley Cooper, conferma per Robert De Niro, ma l’attrice è una spanna sopra con i suoi sguardi, la sua energia: dalla prima apparizione all’ultima inquadratura, è lei ad interpretare l’amore mai detto, trattenuto, doloroso, sconosciuto. Come facevano le grandi dive del passato. Altro merito, i dialoghi: spediti, sagaci. E poi il sottotesto della normalità dei folli, perché c’è solo una linea sottile da attraversare (Russell non manca, infatti, di dare spazio alle nevrosi e alle ossessioni dei “normali”). E poi lo stile registico ereditato dal precedente The Fighter, con macchina a mano e sobrietà realistica: ovvia al “male” di tante commedie sentimentali contemporanee, alla vana ricerca della magia di una volta, che restituiscono solo visioni plastificate e zuccherine.