Fantasy, Recensione

BEAUTIFUL CREATURES

Titolo OriginaleBeautiful Creatures
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2013
Genere
Durata124'
Sceneggiatura
Tratto dadal romanzo di Kami Garcia e Margareth Stohl
Montaggio
Scenografia
Musiche

TRAMA

Carolina del Sud. Ethan incontra a scuola Lena, appena trasferitasi in città, riconoscendo in lei la fanciulla che ricorre nei suoi sogni. Ma la ragazza è una maga ed Ethan affronterà la maledizione che tormenta la famiglia di lei da generazioni.

RECENSIONI

L'ho già detto scrivendo di P.S. I Love You: ho da sempre un debole per il cinema di Richard LaGravenese. Anche Beautiful Creatures - che è un fantasy, orientato verso un pubblico preciso, che con il resto della sua produzione non ha molto a che vedere (siamo comunque al terzo adattamento consecutivo) - costituisce ulteriore dimostrazione di una capacità di trattare la drammaturgia che ha pochi riscontri nel cinema hollywoodiano attuale. Si prenda allora questa saga adolescenziale di grande successo e se ne tragga un film mainstream interessante. Si può: si può se si decide, come è prassi del regista/sceneggiatore, che i personaggi non siano ingranaggi di un meccanismo, mere funzioni destinate a far marciare la storia, ma caratteri che pretendono ed ottengono sviluppo, spessore, sostanza. Una delle principali caratteristiche di LaGravenese è, per l'appunto, quella di non trascurare mai i dettagli: nulla è tirato via nei suoi script, ogni personaggio ha il suo mondo definito e coerente, una dimensione nella quale vive e acquista senso e identità (esemplare - ed estrema -, a tal proposito, la narrazione polifonica di Freedom Writers, in cui la classe multietnica al centro della storia non diventa mai il pretesto per un racconto frammentario e rapsodico; al contrario, il regista, disegnando a dovere ogni singola figura e tratteggiandone il relativo percorso di vita, li convoglia in un quadro compatto e armonico).

Alle prese con i codici del genere - che maneggia con rara consapevolezza, ma senza indulgere in capziosi sperimentalismi e arditezze teoriche, ma ossequiandoli con leggerezza e anche una certa ironia - il piglio di LaGravenese è, se vogliamo, ancora più evidente: nessuna banalizzazione, disinvoltura massima nel prendersi libertà sull'opera letteraria, cura dei dialoghi (si confrontino le linee di Beautiful Creatures con quelle di qualsiasi altro film appartenente al medesimo filone). E la consueta, commovente attenzione per tutti i personaggi: non solo la deliziosa, giovane coppia (resa nel suo temperamento, nelle passioni - la letteratura -, nel comune rifiuto delle formule - bravissimi i due interpreti, soprattutto Alden Ehrenreich -), ma anche quelli che gravitano loro intorno, caratteri che si direbbero secondari, ma che la carta tratta come se fossero protagonisti (e non a caso sono affidati ad attori del calibro di Jeremy Irons, Viola Davis ed Emma Thompson).

La storia romantica è il cuore (♥) di Beautiful Creatures: fin dall'inizio sappiamo trattarsi di un amore impossibile (Lena è - alla lettera - la ragazza dei sogni di Ethan: Io voglio lei e non la raggiungo mai. E poi muoio); tra le righe fantastiche il loro idillio si indovina concreto, realistico, condizionato dall'ambiente, dalla cultura e dalla storia locale (l'America sudista e conservatrice sullo sfondo, il moralismo, l'intolleranza: chiamiamoli 'maledizione' e diventano una questione di magia nera): insomma, al netto delle stregonerie e delle eccentricità à la Burton, saldati i conti con l'armamentario favolistico, siamo in pieno coming of age e in pieno LaGravenese mood, con un amore potenziale che tarda ad esprimersi, sesso che è tutto in testa (cfr. L'amore ha due facce), lotta ai benpensanti pronti a puntare il dito e a condannare il sentimento. Ostacoli alla felicità che vanno superati operando scelte difficili che costano dubbi tormentosi; rectius: riconoscendo che il destino è una trappola alla quale si può sfuggire decidendo di cambiare il corso delle cose (Costruiamo noi le nostre vite). Il dilemma, insomma, è lì; l'impasse regna; il personaggio è, come sempre, in bilico: abbracciare l'amore? Rischiare la morte? Scegliere la famiglia? Cancellare il passato e quel che è stato? Andare via? Restare?

Un fantasy, si diceva, certo (che non avrà seguito: Anche Satana detesta i sequel, si dice al cinema, guardando l'ennesimo capitolo di Final Destination). Una storia romantica? Anche (alla cena risuonano le note di Uno scandalo al sole - LaGravenese adora queste pennellate cinéphile, altre ne potrei citare -). Una commedia per adolescenti? Sì, come no. Salvo che, come sempre accade nei film del Nostro, si finisce sempre per piangere qualche morte, gli addii sono veri, il lieto fine (a proposito, questo film ha un finale bellissimo) una chimera.
E basti il monologo di Ethan che, al primo incontro con Macon/ Jeremy Irons, racconta in trance la sua vita futura per capire quanto, al di là delle carinerie e degli allegri gotismi, c'è sempre un dramma che va letto tra le righe: con quelle parole il ragazzo - che vorrebbe dare una svolta all'immobilismo della sua vita di provincia, che sogna la felicità (magari a New York) - traccia una sua parabola esistenziale possibile, una tragedia agghiacciante che parla di vita infognata nel paesello, fallimento esistenziale, divorzio, alcolismo, infarto, suicidio.
E si provi ancora a sorriderci su.

Evidente il tentativo della produzione di ereditare il franchising di Twilight: un’altra saga letteraria con adolescenti, amore impossibile e streghe al posto dei vampiri. Ma Richard LaGravenese non ha intenzione di essere ammiccante, pomposo e commerciale: parteggia per protagonisti “diversi” per cultura, non per patemi d’amore e moti di cuore. Leggono libri “proibiti” (Vonnegut, Bukowski, “Il buio oltre la siepe” e vari poeti) e ascoltano (Ethan) Bob Dylan. Gli “altri”, abitanti un immaginario anni Cinquanta ereditato dalla coscienza collettiva (durante la cena con duello dei maghi, non a caso, LaGravenese spara il tema musicale di Scandalo al Sole), sono ipocriti che vanno in chiesa, additano chi non si omologa, adorano il pettegolezzo e, in nome della Decenza, compiono le opere delle tenebre. Coerentemente con l’assunto, LaGravenese non abbraccia nemmeno il lato spettacolare, fantastico e da effetti speciali del romanzo (scontri fra mostri e poteri identificativi dei maghi): si concentra sulla non leziosa storia d’amore, dotando i due protagonisti di dialoghi sagaci, schermaglie amorose sofisticate e commedia anche sottilmente feroce (quando Ethan recita la propria vita futura: un disastro di convenzioni, nonostante i suoi sogni di essere “diverso”). Ben sfrutta l’indovinato personaggio di Alden Ehrenreich, solare, ottimista, ironico e saldo, e popola l’anomala famiglia di Lena di caratteri buffi e pittoreschi da Vita da Strega. Anche la scelta di Emma Thompson nel ruolo del villain denota il gusto di tutta l’operazione, troppo intelligente per gli “altri”, che hanno disertato le sale lasciando il primo capitolo figlio unico.