TRAMA
La Passione di Gesù, dall’Ultima Cena alla Crocifissione, raccontata attraverso una lettura sinottica dei quattro Vangeli.
RECENSIONI
Auguriamo le migliori sorti a Su Re, opera seconda, dopo Arcipelaghi (2001), del 63enne Giovanni Columbu, distribuito dalla Sacher Film. Auguriamo le migliori sorti a questo che è un gesto cinematografico insieme arcaico e contemporaneo, di un'autocoscienza commuovente. Girato a Oliena, nell'entroterra sardo (dove John Huston, nel 1966, girò un lacerto di La Bibbia), interpretato da non professionisti del luogo e recitato nel dialetto locale, è un vero e proprio rito, una messa e la messa in scena del Nuovo Testamento, secondo una lettura sinottica dei 4 Vangeli: il dispositivo predisposto da Columbu irradia un cinema che guarda alla modernità, a una esplosione del punto di vista che si traduce in progressivi e regressivi spostamenti, in un loop di prolessi e analessi (il regista stesso cita Rashomon), come se in uno scavo archeologico beffardo si rinvenisse la forma abituale (plurale e frammentata) della rappresentazione contemporanea (quella digitale, parcellizzata, remixata) lì, tra le pagine di Giovanni, Matteo, Luca, Marco. Ma non solo, ovviamente: cinema terricolo, che si rivolge alla Sardegna, ai suoi luoghi e ai suoi volti, agli uomini e alle donne che la abitano, convocandoli a partecipare a questa eucarestia, a questa fagocitazione della sacra scrittura da parte del paesaggio umano e non, a questa appropriazione locale di una narrazione universale. Per questo sono chiamate a collaborare le istituzioni sarde, persino il centro di salute mentale di Cagliari: il set Sardegna è il luogo per una funzione, per la rimessa in scena, per un rituale che ripensi, sulla propria pelle, nelle proprie vesti, con la propria lingua, quella storia. Per rispecchiarvicisi e riscoprirvicisi, riattivando la memoria nel qui e nell'ora. Come Cesare deve morire dei Taviani, come Le fiamme del Paradiso di Emmer. Come in una preghiera comunitaria, in una recita amatoriale. Glocale, nel senso nobile del termine, Su Re guarda cinematograficamente (ovvio) al Vangelo secondo Matteo di Pasolini, segue i Vangeli alla lettera per poterli riscrivere audiovisivamente con una rude, primigenia sobrietà pittorica, che si vuole materica e sensoriale e che cerca la forza primitiva nell'asprezza del paesaggio, nei lineamenti ostici dei visi. Cinema sacro e terragno, capace di cortocircuiti visionari, di consapevoli, fertilissime aporie.
