TRAMA
Una giovane e libertina ragazza viene rinchiusa in un collegio per sole donne. Lì scoprirà l’adultità e le trasgressioni della metropoli. Sullo sfondo la corruzione politica e delle istituzioni.
RECENSIONI
Raggiungere l'età adulta in solitudine senza la protezione genitoriale; affrontare la grandezza, le esagerazioni, le tentazioni e le marcescenze della metropoli dopo aver vissuto gran parte del proprio tempo in clausura; non avere la possibilità di conoscere il sesso spontaneamente e naturalmente, ma essere costretti ad incrociarlo solo per fuggire dalla paura del medesimo; trovare nell'amicizia il sostegno per affrontare ogni genere di umiliazione e per superare ostacoli altrimenti insuperabili. Tutto questo è però solo una parte della narrazione del film di Mikael Marcimain. Klute, The Parallax View, The Conversation, All the President's Men, Three Days of the Condor e più in generale tutti i film appartenenti al filone del paranoia movie hollywoodiano degli anni Settanta sono per Call Girl referenti testuali. Il film infatti si presenta come un perfetto giano bifronte avente come altra faccia quella più cupa, oscura e indecifrabile dello spionaggio politico, il dark side dietro il quale si celano oscuri presagi di morte e interessi che vanno ben al di là della storia della giovane protagonista. La componente thriller abbraccia da un lato la storia del cinema, con chiari legami con le opere di Pakula (il film è anche ambientato negli anni Settanta), ma dall'altro pianta le radici nella contemporaneità più stringente, alludendo in maniera via via più evidente ai numerosi casi di corruzione politica, sfruttamento delle donne e del corpo femminile da parte dei poteri forti. Uno dei meriti del lavoro sta nell'equilibrio con cui viene dipanata la narrazione, nella scelta di mostrare nella prima parte la storia particolare della protagonista, contribuendo ad una focalizzazione interna, adiacente allo sguardo e alla condizione della giovane donna. Nella seconda parte emerge con sempre maggior vigore la componente contestuale della storia, sino a rendere quasi marginale la specifica vicenda di Iris. Questa viene inquadrata in una riflessione universale che vede la corruzione politica e la prostituzione minorile come fulcro della narrazione. La capacità di mostrare l'evoluzione della condizione di Iris (unita alle doti interpretative di Sofia Karemyr), la scoperta del lato notturno e misterioso di una Stoccolma dai colori gelidi, l'uso della musica che richiama l'horror degli anni Settanta di diverse cinematografie nazionali (Profondo rosso è solo uno dei riferimenti), sono tra le maggiori qualità di una delle più felici scoperte del Torino Film Festival 2012.