TRAMA
Prima Guerra Mondiale: l’inetto generale francese Mireau vuole espugnare la postazione tedesca denominata “il formicaio”. Il colonnello Dax tenta invano di dissuaderlo, prevedendo una carneficina.
RECENSIONI
Capolavoro del cinema antimilitarista e della filmografia di Stanley Kubrick che, con il sodale produttore James B. Harris, cercò e trovò l’appoggio di una star hollywoodiana come Kirk Douglas (non senza pagare pegno: Douglas li costrinse a realizzare con lui i successivi cinque film) per un’opera che nessuno voleva accollarsi. Con un procedimento di pre-produzione che diventerà prassi, Kubrick si innamorò prima del libro di Humphrey Cobb pubblicato nel 1935 (perfetto per le sue corde, innamorate delle strategie militari e della cupa ironia), poi chiese l’aiuto alla sceneggiatura di uno scrittore dotato (in questo caso, Calder Willingham). Alla ricerca di un estremo realismo (che si trasfigura, espressionisticamente, in una sua deformazione), l’autore fece ricostruire le trincee, si rifiutò di ricorrere alle solite esplosioni “fumose” (copri-tutto) hollywoodiane prendendosi la briga di dirigere all’unisono le centinaia di comparse (assunse poliziotti tedeschi) e girò l’assalto al Formicaio con 6 macchine da presa. Location in Germania (con la consulenza del barone Otto von Waldenfels, esperto di Prima Guerra Mondiale), perché è noto quanto poco la Francia ami fare autocritica: le reazioni francesi all’uscita della pellicola, infatti, non furono tiepide (la prima proiezione sul loro suolo risale al 1974!), fra una campagna dell’esercito per boicottarlo, le proteste di Bruxelles che portarono ad aggiungere una prefazione (che circoscrive l’episodio a pochi uomini folli) e il ritiro dal festival di Berlino. A livello espressivo, Kubrick alterna continuamente le scene in trincea (memorabili carrelli) con quelle nel quartier generale (un palazzo medievale), sottolineando anche le differenze di classe fra uomini nel fango e ufficiali nel lusso, con una corte marziale che pone le “pedine” all’interno di una scacchiera (il pavimento di marmo). L’autore non ci guadagnò un soldo, ma incontrò la sua terza moglie Susanne Christian: è la cantante tedesca che, in presa diretta, intona la tradizionale “La troyer Hussar” (mentre, per tutto il film, Gerald Fried batte le percussioni militari). Il titolo cita Thomas Gray: “I sentieri della gloria portano solo alla tomba”. A parte l’altro capolavoro pacifista sulla Prima Guerra Mondiale, All'Ovest Niente di Nuovo di Lewis Milestone, l’opera ha un precedente in Prima Linea di Robert Aldrich: Seconda Guerra Mondiale, ma stesso disgusto per i superiori militari inetti.