TRAMA
Lila ritorna nella sua città, Bruxelles, dopo tre mesi trascorsi all’estero e incontra tre uomini. Sull’autobus che dall’aeroporto è diretto in città conosce un iraniano che aveva studiato nella capitale belga quarant’anni prima; a casa ritrova l’uomo dal quale si era separata temporaneamente; per strada in bicicletta viene investita da un’auto che ha a bordo un giovane funzionario delle istituzioni europee.
RECENSIONI
Il belga Tom Heene, classe 1969, esordisce nel lungo con un’opera ambiziosa per forma (un racconto episodico e ad incastro) e contenuto (il nomadismo delle vecchie e nuove generazioni). E fallisce, tra soluzioni visive derivative (la “dogmatica“ macchina a mano, che filma allo stesso modo dispute e copulazioni) quando non oggettivamente brutte (il prologo ed epilogo notturni). Quanto al “discorso”, il regista confonde e fonde piani, classi, generazioni; vorrebbe dar conto, problematizzando, dell’identità “europea“ e della sua baumaniana liquidità, ma il suo sguardo non è né sufficientemente lucido, né abbastanza lungimirante da vedere oltre le opposizioni evidenti: dal gap generazionale al cinismo dei “figli di papà“, destinato ad avere la meglio sull’ipersensibilità, nomade e libera, dell’essere pensante e morale.
