Commedia

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TRAMA

Dieci madri con molti figli, cinque delle quali appartenenti ai ceti sociali più poveri, provano con ogni mezzo possibile a vincere i premi principali di un concorso di bellezza: 25mila dollari e un appartamento. Le grandi speranze, però, svaniscono e le donne a poco a poco si rendono conto di quanto la gara sia una gigantesca farsa.

RECENSIONI


Di concorsi di bellezza al cinema ne abbiamo visti tanti, dalla Gina Lollobrigida di Miss Italia alla Sandra Bullock di Miss Detective. Quello indagato dalla giovane regista georgiana Rusudan Chkonia è il concorso di Miss Mamma Georgiana, quindi non solo la celebrazione della bellezza, ma anche dei valori insiti nel ruolo di madre, perciò in primis quelli legati alla famiglia. In palio ci sono 25 mila dollari e un appartamento. Per meglio capire il contesto in cui è ambientato il film occorre ricordare che la Georgia non ha una tradizione cinematografica (vengono prodotti in media 3 film all’anno) e che una parte della popolazione è stata costretta alla fuga durante la seconda guerra in Ossezia del Sud, combattuta dalla Georgia da una parte e da Russia, Ossezia del Sud e Abcasia dall'altra. Si tratta quindi di un paese martoriato dai conflitti in cui sono, come sempre, soprattutto i civili a pagarne le conseguenze. Le dieci finaliste protagoniste del lungometraggio della Chkonia, co-produzione tra Georgia, Francia e Lussemburgo, ne sono uno specchio significativo e mostrano le contraddizioni di una società che sta cercando di rialzarsi, dove però ancora molti vivono sotto la soglia di povertà.


Ad essere messi alla berlina sono le logiche televisive di mercificazione dei sentimenti e il sistema patriarcale georgiano nascosto dietro il mito della madre eroica. Si vuole puntare sulla famiglia e sui valori della tradizione ma le donne sono costrette a piegarsi a disvalori prettamente maschilisti di esibizione del corpo. Il concorso non è truccato, nonostante una delle partecipanti sia la moglie di un potente politico, quella che viene oltraggiata è la dignità delle candidate, marionette in nome dell’ideologia televisiva. Il gruppo delle dieci finaliste è ben rappresentato, ci sono diversi caratteri, differenti estrazioni sociali e molteplici ambizioni. La regista riesce nel difficile tentativo di dare a ognuna adeguato spazio. Il rischio della ripetizione, sempre presente quando tanti personaggi devono affrontare la stessa situazione, è evitato dal montaggio e da una notevole capacità di sintesi dello script che gioca spesso di ellissi e trova stratagemmi narrativi per spostare l’attenzione fuori dal teatro o nei camerini. L’incalzare degli eventi è ben scandito già in fase di scrittura e la regia trova il giusto tono per conciliare il dramma con la commedia, senza che l’una prevarichi sull’altra. Si finisce così per trovare una grande sintonia con gli antagonismi messi in scena. Determinante il contributo del cast che partecipa con trasporto dando vita a personaggi tragici, esilaranti e non completamente asserviti al messaggio critico che si vuole veicolare. Notevole il finale disastroso con i bimbi angeli sospesi nel vuoto, un fallimento esemplificativo di un presente dove a regnare è il caos e la strada per un cambiamento è ancora lunga.