Documentario, Recensione

IL GEMELLO

TRAMA

La vita di Raffaele Costagliola, 29 anni, detenuto a Secondigliano per rapina.

RECENSIONI

Raffaele è gemello di due gemelli, in tutto tre fratelli che sembrano 'portati al male', è rinchiuso nel carcere di Secondigliano in una sorta di predestinazione. Anche l'uomo che vediamo davanti alla cinepresa è gemello del rapinatore condannato, in quanto cura minuziosamente la sua cella, si relaziona con gli altri detenuti, riflette su sé stesso, si apre al racconto. Attraverso un pedinamento asciutto e puntuale, Vincenzo Marra dispiega il suo documentario all'insegna della registrazione della realtà: esso semplicemente attesta ciò che accade, dai rapporti interni al penitenziario agli incontri di Raffaele con i famigliari, senza peraltro schivare i nodi più spinosi come gli errori passati del protagonista. E soprattutto gli affida la parola filmando le lunghe sessioni di 'auto-consapevolezza' del giovane, dove egli parla del trascorso e del futuro, passando per la penalizzante condizione presente. L'autore segue un detenuto 'favorevole', sia per la storia personale (è ritenuto vittima di una condanna troppo severa) che per la presenza scenica, e soprattutto solleva il dubbio sulla natura del documentario almeno in un caso: le domande della guardia carceraria Niko (Domenico Manzi), che interroga Raffaele a vari livelli (perché i reati, cosa farà domani) e subito sembra artefatto, sta recitando o perlomeno posa ai nostri occhi. Uno spazio di fiction mascherato nel documentario?

Se la possibilità della 'preparazione' resta e minaccia il rigore dell'idea documentale, in realtà questo non è decisivo, perché nel suo svolgersi la pellicola si applica gradualmente al reale: c'è aderenza all'ambiente, a tratti perfino coincidenza. Hai l'impressione che quello sia Raffaele, non la sua rielaborazione narrativa. Il film non è privo neanche di parentesi esplicative, che ambiscono al significato attraverso la prassi del confronto: per tutti il detenuto straniero, che rifiuta l'integrazione carceraria e si chiude nel muto individualismo, esatto contrario del protagonista. Divagazioni affermative che rischiano di puntualizzare, schematizzare. Tallonamento ad personam ma anche film parlato sulle nostre responsabilità, l'obbligo di pagare e l'impegno a ritrovare la strada, nel suo lieve artificio Il gemello resta voce sobria e spoglia, realistica, confermando il regista napoletano più incisivo nel documentario che nella fiction. Al contrario di Cesare deve morire: lì il carcere preparava la metafora universale dell'arte, qui offre la descrizione di una contingenza. A suo modo, un film morale.