Noir, Recensione

I GANGSTERS

Titolo OriginaleThe killers
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1946
Genere
Durata105’

TRAMA

Lo svedese, ex-boxeur, viene ucciso da due killer in un piccolo paese. Un agente dell’assicurazione investiga sulle ragioni, scoprendo un passato criminale.

RECENSIONI

Un racconto (neanche dieci pagine) di Hemingway dominato dal senso di morte, giocato sul passato che ritorna e sullo zampino del Caso (i retroscena vengono a galla solo perché l’Olandese faceva il benzinaio ed era assicurato…), un noir-gangsteristico intriso in tonalità cupe di cui Robert Siodmak diventerà maestro, forte del linguaggio espressionista ereditato nella natia Germania e virato nel realismo della patria adottiva improntata all’azione e al ritmo sostenuto. Un amalgama possente che il regista perfeziona con l’inventiva cura formale (straordinario il piano sequenza, con elaborato montaggio interno, della rapina) e una predilezione distintiva per le psicologie perverse (la donna fatale di Ava Gardner è fra le più terribili/memorabili). Il produttore M. Hellinger ha il merito di aver ingaggiato l’esordiente Burt Lancaster, con all’attivo una prova a Broadway (“A sound of hunting” di H. Brown) e un passato da acrobata con Nick Cravat (è curioso che l’Olandese debba interrompere la carriera da pugile a causa di una mano fratturata e qualcosa di simile stroncò l’attività del neo-attore nei circhi): fa nascere una stella, una delle figure più rappresentative di Hollywood, atletico e vigoroso sia nel fisico sia nella recitazione. La pellicola fu anche il trampolino di lancio per Ava Gardner, apparsa su grande schermo per la prima volta nel 1942. La sceneggiatura firmata da Anthony Veiller (cui collaborarono, non accreditati, nomi di calibro quali John Huston e Richard Brooks) è ammirevole nel gioco di flashback che elabora/allunga la fonte di partenza (dove i retroscena restano inesplorati), nel seminare tasselli per la ricostruzione del giallo/mosaico e nei dettagli significativi (esempio: la solitudine dell’Olandese rivelata dal beneficiario scelto per il premio assicurativo, una semi-sconosciuta) per dare corpo al protagonista defunto, uomo semplice ed ingenuo, inguaribile romantico giocato dalla Vita e dalla sua musa più nefasta (l’Amore Fatale) ma non ostile alla signora Morte e ai suoi messaggeri (le inquietanti figure dei due killer). Una volta completato, il quadro che si para davanti agli occhi evoca una struggente malinconia, anche grazie all’eccellente disegno dei caratteri minori (vedi il tenero, anziano compagno di cella Charleston interpretato da Vince Barnett). Nettamente superiore al rifacimento, sempre a flashback, di Don Siegel (1964).