TRAMA
Due compagnie si contendono l’esclusiva per la diffusione nel web del nuovo disegno in 3D della Tokyoanime: la Mangatronics e la Demonlover, quest’ultima legata ad alcuni siti pornografici illegali. Diane, che lavora per la multinazionale Volf, guida le trattative ed è pronta a tutto per ottenere i suoi obiettivi.
RECENSIONI
Il lavoro “malato” di Olivier Assayas è figlio del suo tempo (internet e i nuovi media, il sesso virtuale, lo spionaggio industriale): Demonlover come opera moderna, di necessità dopo il capolavoro (invisibile) I destini sentimentali, film d’epoca e in costume. Scorre la meravigliosa macchina da presa sulla liscia superficie di Demonlover, scorre la macchina da presa di un regista dallo sguardo morale che ragiona esteticamente e subordina la storia al suo occhio fisso sul dettaglio, riluttante, come di consueto, verso la visione d'insieme: lo scheletro-thriller ospita una riflessione sull'immagine (si fruisce o si subisce? Ferma la realtà o piuttosto l’allontana?), il décor stilizzato e levigatissimo è l'algida trappola che imprigiona la decadenza, la corruzione, il male che alberga in una società ipertecnologica in cui la comunicazione avviene in maniera sempre più filtrata e mediata; in cui l'uomo, tra le sbarre pervasive della gabbia cyber nella quale si è rinchiuso, è diventato un animale cinico, glaciale, privo di compassione; dove simulacro e realtà si confondono e sesso&violenza, fattisi immagini, si percepiscono, si godono, si interiorizzano e somatizzano, sono aghi appuntiti che inoculano immaginari tentatori nel ventre molle del pubblico più esposto.
Lo spettatore, sempre più vorace, che non si accontenta più di fantasie bidimensionali, vive la contraddizione di un mondo sempre più astratto che da un lato sancisce la letterale sparizione della carne (lo snuff ne è un ulteriore sintomo), dall’altro celebra il corpo come puro feticcio (la protagonista, alla fine, incapsulata nello schermo del pc). Demonlover è un film contorto e affascinante che crea (segno indiscutibile della grandezza dell’autore) un suo mondo riconoscibile, un mondo che (come in Irma Vep, Clean e Boarding gate) si presenta quale coacervo di culture e linguaggi differenti, di uomini-pedine (personaggi di cui non sappiamo nulla, pure immagini attanti) di un gioco enorme che si riflettono, diacci, in un cinema egualmente misto e ricettivo, in cui il folgorante stile del suo artefice non si converte mai in maniera, ma in un flusso creativo vivo e inquieto.
Il regista, cui si devono mix musica-immagine tra i più toccanti degli ultimi decenni al cinema, e che affida il soundtrack al rumorismo concettoso dei Sonic Youth, incrocia Cronenberg e (ancora) Feuillade (Demonlover è il film che il regista protagonista di Irma Vep non riesce a realizzare?), si concede un finale paralynchiano e firma un film imperfetto e sfasato, quanto potente e sintomatico (imperfezioni e sfasature sulle quali, peraltro, ci asteniamo dall'esprimere giudizi definitivi - esiste un director's cut da visionare -, limitandoci a licenziare la questione con un qualsiasi voto alto).