TRAMA
Gilda, disegnatrice pubblicitaria, s’innamora a Parigi, contemporaneamente, di due squattrinati amici americani, uno pittore e l’altro commediografo. Decidono di dedicarsi tutti e tre solo al lavoro, per non affrontare il dilemma, ma non appena il teatrante ha successo e va a Londra, gli altri due si mettono insieme.
RECENSIONI
Ecco, anche, da dove viene Jules e Jim di Truffaut, e siamo negli anni trenta che, per i corsi e ricorsi storici, non erano meno audaci e progressisti dei decenni a seguire. In realtà, già l’anno successivo all’uscita del film, il codice di censura Hays proibì la (re)distribuzione dell’opera, comunque sforbiciata di 14’ nel 1933 dopo la prima. Ma è il noto “tocco” di Lubitsch a far passare per normale una situazione scandalosa. L’idea (dello stesso anno, rappresentata in Italia col nome “Quartetto d’archi”) è del commediografo Noel Coward che, già nel 1921, aveva scritto “The better half “, sulla relazione di un uomo con due donne: omosessuale, mette qualcosa di autobiografico in questa amicizia virile con, come amante, la “madre delle arti” (Coward aveva, come musa e socia di palcoscenico, Gertrud Lawrence). Ad adattarla per il cinema c’è un altro grande commediografo, Ben Hect: ma la somma di questi tre talenti non è rispecchiata dal prodotto finale che, per quanto giustamente celebrato, invecchia nella sua commedia sofisticata e nelle recitazioni (criticate anche all’epoca, rispetto alla versione teatrale), con un dosaggio minore dei sottintesi e della caustica paradossale dei migliori film di Lubitsch. È come se il regista, di fronte ad un testo così “completo” e impregnato di un’altra forte personalità, si fosse limitato ad eseguirlo alla perfezione.