TRAMA
Capitol City esige ogni anno, dai dodici distretti colpevoli di essersi ribellati in passato, il tributo di una femmina ed un maschio adolescenti per partecipare agli hunger games, dove combatteranno fino alla morte. Katniss si offre volontaria al posto della sorellina estratta.
RECENSIONI
Il nuovo fenomeno (prima editoriale, poi) cinematografico per (da) gli adolescenti è opera della scrittrice/sceneggiatrice/produttrice Suzanne Collins e non brilla certo per originalità: fatta la tara delle fonti letterarie (Amore e Totalitarismo: George Orwell), storiche (l’antica Roma) e mitologiche (i sacrifici umani per il Minotauro), il cinema ha da tempo estremizzato la morbosità del reality show, la realtà (virtuale) manovrata da uno “stratega”, gli sport violenti in mondovisione e, più nel dettaglio, il divertimento malato della caccia all’uomo, anche se adolescente (in un crescendo che va da La Pericolosa Partita del 1932 a Battle Royale del 2000). Ulteriori rimandi nei costumi kitsch, nelle scenografie di Philip Messina (che s’è portato sul set l’amico Steven Soderbergh, regista della seconda unità) e in un promo dei giochi alla Leni Riefenstahl. A funzionare in modo encomiabile, invece, è la sinergia fra l’intensa prova di Jennifer Lawrence, sguardo forte/di ghiaccio venato di tremolii (che dischiudono un altro sé) e un Gary Ross inedito (per quanto replichi i “tipi di plastica” del suo Pleasantville): durante la Mietitura, intonano un canto mesto e ansiogeno, con tragici sentori da deportazione degli ebrei; quando i “tributi” sono gettati nel Circo mediatico della città opulenta e decadente, rimarcano lo iato assurdo fra finzione edulcorante e disgraziata realtà, compresa quella allevata come gioventù hitleriana. Inizia il “gioco”, del tutto falsato dal Deus ex machina, con le giovani pedine che entrano in campo su di un piedistallo e Ross/Katniss rifiutano di “perdere se stessi per vincere”, di abbracciare le logiche glamour/spettacolari di Capitol City, la strumentalizzazione della violenza, il clamore drammaturgico. È possibile vincere trasgredendo lo spirito del gioco: dopo averlo dimostrato, basta un segnale di Katniss/Ross alle platee per accendere gli animi. Qualche riserva sul modo di girare del regista (macchina da presa a mano + montaggio spedito) e su alcuni vuoti di sceneggiatura (sono schizofreniche sia le scelte “politiche” dello stratega, sia le incertezze/slanci di Katniss nei confronti di chi la ama).