TRAMA
Impegnati nella stesura di un’enciclopedia, otto professori ricevono un inaspettato e prezioso aiuto da un’artista di night che deve sfuggire alla polizia.
RECENSIONI
Gli otto Sapienti hanno il supremo compito di restaurare il regno dell’Ordine e della Verità (garantendo nello stesso tempo la sacrosanta gloria all’inventore del tostapane, postumo finanziatore dell’imponente opera di catalogazione) in un mondo in perenne e irrispettoso cambiamento: sarà la coscienziosità inappuntabile del più rigoroso degli intellettuali a far entrare la vita (galvanizzante e inevitabilmente contraddittoria) nella polverosa biblioteca, promuovendo una graduale e decisiva (dis)integrazione dei vari ambiti del sapere in una basilare capacità di sopravvivenza. L’amore come menzogna e calcolo con occasionali e laceranti strascichi affettivi (i dialoghi fra il professore di glottologia – Pigmalione alla rovescia – e la soubrette, contrassegnati da reciproci equivoci e oscuramenti a dir poco provvidenziali), la (ri)scoperta dell’esistenza come coreografia (la conga, poi ripresa dai promettenti allievi in una meticolosa catastrofe incendiaria ai danni dei cattivi – la scena migliore del film, segnata da una tensione profondamente hitchcockiana), gli echi fiabeschi (la didascalia d’apertura), i dialoghi brillanti e taglienti (si avverte chiaramente il tocco di Billy Wilder), le interpretazioni impagabili (Barbara Stanwyck è bravissima e fatalmente fascinosa) rendono Colpo di Fulmine un’autentica (per citare il titolo originale) ball of fire, un’esplosione di grande efficacia visiva, non all’altezza di Susanna ma indubbiamente memorabile per ritmo, gusto, sotterranea melanconia.