TRAMA
Il responsabile delle sceneggiature di una casa di produzione è perseguitato dalle cartoline minatorie di uno scrittore cestinato. Intuisce di chi si tratta, lo uccide ma sbaglia persona.
RECENSIONI
Altman torna nelle grazie di critica e pubblico proprio con un’opera che sbeffeggia lo star system hollywoodiano in cui è sempre vissuto ai margini, lo stesso che gli diede un "colpo di grazia" nel 1980, dopo il flop di Popeye. Una partenza alla grande, con un piano sequenza dal montaggio interno magistrale, propedeutico ad un’opera corale, colma di caratteri, frecce avvelenate (Ward che denigra i film moderni, quelli dal montaggio frenetico) e camei (si sono tutti prestati a paga sindacale e Andie McDowell dichiara di non essere imparentata con Malcolm), citazioni facili (gli stacchi sulle locandine, che non hanno mai dei titoli casuali, fanno da didascalia alla scena). Anche la scena interno/esterno di Robbins che telefona alla Scacchi e la spia dalla finestra è notevole. Lo sceneggiatore Michael Tolkin, in seguito, si sofferma troppo su di una traccia finto/thriller/rosa: mentre seguiamo Robbins nella sua disavventura "poliziesca", ci chiediamo cosa significhi contestare gli ingredienti canonici dei generi hollywoodiani per poi riproporre un intrigo banale. C’è, soprattutto, il rammarico nel vedere abbandonata l’idea di un’opera totalmente metacinematografica. Ma è tipico di Altman contestare le regole con un’appropriazione totale delle stesse, i suoi sono atti sardonici, come la scena dell’amplesso con Greta Scacchi, che non ha niente di erotico e restituisce solo dei primissimi piani di due esseri che sudano e faticano con in sottofondo una musica da “paura”. Messaggio: ai produttori non importa se il soggetto è "impegnato", l’importante è che qualcuno "goda". Anche la chiusura, circolare e con apparente lieto fine, è, in realtà, amara ed "immorale". Non mancano, comunque, dei feroci (a tratti scontati) e più diretti sberleffi al mondo dei produttori, dipinti come idioti o mercanti che schiacciano l’arte per fare cassetta, con l’odioso irrealismo da lieto fine.