Recensione, Thriller

LETTERS FROM A KILLER

Titolo OriginaleLetters from a killer
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1999
Genere
Durata103’

TRAMA

Condannato a morte, flirta epistolarmente con quattro donne che scoprono l’una l’esistenza dell’altra. Una volta scagionato riceve minacce di morte da una di loro.

RECENSIONI

Lettere assassine dalla produzione, nella fattispecie (facciamo nomi e cognomi) dagli sceneggiatori/produttori esecutivi Nicholas Hicks-Brach e Shelley Miller e dal regista inglese David Carson, passato al cinema grazie al successo della serie Tv "Star Trek: the next generation". Si parte in quarta, immersi nel canto di dolore di un condannato che si dichiara innocente. La regia è stilizzata, la narrazione procede per ellissi. Niente male. Ad un tratto, ecco il primo raptus omicida degli autori: c'è una donna che minaccia di morte il protagonista. Sobbalzo: che succede? Chi è? Sono quattro le potenziali omicide? E come le ha conosciute? La sceneggiatura tiene tutto in sospeso. Secondo raptus: il protagonista viene scagionato e liberato in una manciata di sequenze senza audio, come se il tema alla moda (dramma carcerario ambientato nel braccio della morte) fosse superfluo. Quale è il tema allora? Il pregiudizio della gente, materializzato in loschi e grossolani figuri da bar di periferia? No, solo una divagazione. Terzo raptus: il protagonista percorre mezza America per chiedere all'eventuale assassina "Sei tu quella che mi vuole uccidere?”. Finalmente si prefigura un tema curioso: quello di donne frustrate ed eccitate più dalla morte e dal sogno che dall'amore vissuto. Da un lato c'è l'ingenuità del maschio farfallone, dall'altro la devastante sete di vendetta della femmina ferita nell'orgoglio della propria esclusiva. Sviluppo: il solito giallo a scatole cinesi, dalla parte di Attrazione Fatale, con caccia all'uomo e finale che è un "colpo di grazia" allo spettatore depistato scorrettamente (l'ex-poliziotta si comporta come fosse l'assassina, l'unico a non accorgersene è il personaggio di Patrick Swayze). Carson, se non altro, ha il merito di aver diretto l'opera nel territorio del nonsenso involontario, senza permettere allo spettatore, che lo segue con interesse, di rendersene conto fino in fondo. Quando lo scopre, è già morto. Killer-movie.