CARTOLINA DA CANNES 77 – ALLA QUINZAINE LA WINNIPEG MENTALE DI MATTHEW RANKIN

Una Quinzaine particolarmente forte quest’anno. Da qualche parte tra Teheran e Winnipeg vari personaggi si muovono in uno spazio geografico astratto: Negin e Nazgol trovano una banconota congelata nel ghiaccio e cercano un modo per estrarla. Massoud guida un gruppo di turisti confusi attraverso i monumenti e i siti storici sempre più assurdi di Winnipeg. Matthew abbandona il suo lavoro presso il governo del Quebec e intraprende un viaggio misterioso per far visita a sua madre. Le loro identità personali, lo spazio-tempo e la geografia di queste tre storie si fondono, si intrecciano e si rispondono a vicenda in questa surreale commedia del disorientamento. Co-scritto da Matthew Rankin, Une langue universelle è il secondo lungometraggio di Matthew Rankin dopo il notevole Le Vingtième Siècle (The Twentieth Century ,2019, lo abbiamo visto su Mubi)che ha vinto il Premio FIPRESCI alla Berlinale 2020.

Per visitare la madre malata Matthew torna a Winnipeg, isolata in una dimensione spazio-tempo in cui tutti parlano persiano. Rankin parte dalla surrealtà poetica del Manitoba (Guy Maddin docet) per ibridarla col realismo lirico di Kiarostami, la lezione umoristica di Woody Allen, le geometrie stranianti, i campi lunghi e i microcosmi autosufficienti di Wes Anderson. Lo fa raccontando (tra le altre) una storia intima, senza rivendicare autobiografie, ma ponendosi all’interno del congegno narrativo quale ingranaggio emotivo in movimento. Un’allucinazione cinematografica che corteggia l’assurdo, cita utilmente e graziosamente mille cose, tocca la struggente catarsi (il fiore deposto sulla tomba paterna), squadernando un campionario umano che affronta la solitudine esistenziale in una geografia fluida e impossibile, autentico (in ogni senso) spazio mentale.