Drammatico, Sala

L’INDUSTRIALE

TRAMA

Imprenditore di sani princìpi, con moglie ricchissima e di princìpi anche più sani, cerca di salvare fabbrica, orgoglio e dignità. Riuscirà solo nel primo intento.

RECENSIONI

Le ambizioni sarebbero di critica sistemica: la mostruosità di un capitalismo sempre più finanziario e meno produttivo, dunque sempre più in grado di concentrare ricchezza nelle mani di pochi e affamare i molti; rapporti di classe di cui non ci si preoccupa neppure più di occultare o attenuare la natura predatoria; legami intimi inquinati da una cieca pretesa di esclusività (ennesima variante della brama di accumulazione capitalistica); la repulsione xenofoba che offusca le menti, vince le resistenze morali e muta il prossimo in merce da comprare e vendere.
L’approccio a temi così drammaticamente attuali è tuttavia frammentario, didascalico: ne risultano incongruenze sia narrative (le bizzarre, inopinate svolte della trama) che psicologiche (le incredibili ingenuità del protagonista), e alcune evitabili cadute nei dialoghi (la stoccata sui politicanti che non rinunciano alla scorta in periodo di crisi).

Concorre a un esito non del tutto soddisfacente il diffuso sentimentalismo dell’ispirazione, che zavorra il personaggio della moglie del protagonista (una bella scommessa, sulla carta) e fiacca la seconda parte del film togliendole la grintosa efficacia della prima. E’ probabile che fra gli intenti del regista vi fosse di mostrare come il tradimento delle classi dirigenti, pur benintenzionate a conferire o restituire al capitalismo un volto tollerabile, maturi per egoistiche e grette ragioni di vanità e rispettabilità. La prospettiva è interessante – sul modello aureo di Senso – ma lo sguardo dell’autore sembra troppo condizionato dalla falsamente intima, in realtà perbenista concezione borghese che intenderebbe contestare.

La mano del regista sa ridurre al minimo le cadute nell’estetica dozzinale tipica della media dei prodotti televisivi, ed è stata felice nella scelta del protagonista (Favino conferisce al suo personaggio tratti ovunque interessanti; soprattutto nel suo caso le inquadrature strenuamente ravvicinate non disturbano) e di alcuni caratteri  di contorno: il fedele anziano operaio più lucido del padrone, la gustosa macchietta del ragioniere, il cinico banchiere nei cui algidi panni ritroviamo l’ottimo Roberto Alpi. Saltuariamente efficaci gli spunti satirici (alcune battute taglienti e segnatamente quelle dei “cattivi”, tra i quali ha discreto risalto il personaggio della perfida suocera).