TRAMA
Ragazze e ragazzi dei rispettivi dormitori si scontrano durante una maratona._x000D_
RECENSIONI
Si dipana nella crudele luce, fredda e pungente, delle prime ore del mattino lo scontro tra dormitori rivali, un abile pretesto per depistare, per tentare di costruire lo scheletro narrativo di un'allucinazione lucida eppure convulsa e tagliente. Della storia si ha una vaga traccia, sbiadita e che non sopravvive a se stessa, presentandosi come puro espediente per delineare scontri viscerali, ferite sanguinanti condensate in soggettive di personaggi anonimi che si rincorrono in fughe che diventano inseguimenti a rotta di collo, pedinamenti claustrofobici, vivi purché si riesca ancora a trattenere nei polmoni il conato che porta ad un nuovo respiro.
Il vero fulcro del film è l'implosione di un sistema, di un'istituzione, di un rigido coacervo di tensioni e pulsioni tenuto insieme dalla severità di tradizioni, usi e costumi. L'idea di collettività organizzata, il concetto stesso di equilibrio interno tra individui coetanei e interagenti in un unico ambiente si inabissa in se stesso per poi deflagrare in mille scie impazzite che, scatenate ma non indirizzate da una presunta maratona mondiale, iniziano a vagare e a seguire vorticose traiettorie individuali. L'ordine deraglia e si scatena il caos, la crisi è in pieno svolgimento, l'attaccamento alla propria identità di genere diviene l'unico appiglio, tanto puerile quanto di mascheramento, per poter scatenare le proprie insofferenze e solitudini. Ogni forma di associazione viene decostruita e sovvertita con un movimento che da dentro mira al fuori, all'eversione.
Corrosive storie d'amore ripiegate in squallidi interni di alloggi studenteschi incorniciano lo scontro tra dormitori in cui il maschile e femminile sono meri ornamenti che servono a rivestire e ad “imballare” il vuoto, l'alienazione dei singoli, la perdita profonda e inconfessabile del sé.
Sion Sono lavora per la dispersione anarchica degli elementi, per il pedinamento di personaggi isterici istigati alla fuga dalla loro stessa paranoia, che li porta ad annientare ogni cosa per poter (forse) sperare di ricreare un nuovo tutto, più autentico, sotto un'altra forma.
Le immagini si rincorrono frenetiche, lo sguardo si appoggia di volta in volta a personaggi che se ne appropriano per pura comodità (i ragazzi che spiano una coppia di amici con l'intento di dividerla) e che poi subito dopo lo rifiutano, facendo ripiombare la visone in scenari popolati da sogni lucidi, in balia di un'energia che confida nella propria estinzione e che parallelamente finisce nel movimento inverso, l'auto-alimentare se stessa.
Ogni personaggio prova ad affermare la propria storia che rimane monca e disarticolata, lasciando una serie di situazioni a fluttuare nella gelida luce celeste del mattino senza possibilità di continuità o conclusione. A vincere è la fluidità del miraggio; l'allucinazione si riordina e si riformula lasciandoci la favola, il sogno che dall'annullamento torna al desiderio di una nuova possibile vita. Come gettare un pesce rosso nel lavandino di casa, seguirlo silenziosamente per le tubature dell'acquedotto cittadino, arrivando fino al mare e “ricrearlo” quasi miracolosamente tra le onde.
La distruzione di un mondo stanco e la nascita di una favola.