Classifica dell'anno

FILM DELL’ANNO 2023/2024 – LUCA BARONCINI

Il cinema, nonostante quello che si legge in giro, è più vivo che mai.

La stagione 2023/2024 ha visto il d’essai supplire alla mancanza di blockbuster, a causa del protrarsi dello sciopero di sceneggiatori e attori statunitensi, il cinema italiano ha trovato finalmente il grande successo che inseguiva da tempo (anche se non ha creato lo sperato effetto contagio verso altre opere nazionali) e il box-office ha avuto un andamento altalenante ai limiti dell’isteria, con mesi di incassi record e altri in profondo rosso. La tendenza è sempre quella dell’evento: si vuole essere al centro del mondo, vedere ciò di cui si parla, dire la propria. Per il resto, ahimè, ci si affida al salotto di casa e alla visione casalinga. I social diventano sempre più termometro di deliri che nulla hanno a che vedere con il cinema ma che finiscono per condizionarlo, creando assurde barricate con vincitori e vinti. Ma tolti contraddizioni e nonsense della contemporaneità e tornando al cinema, beh, è stata una stagione elettrizzante, con ben due COLPI FULMINE e altri film davvero BELLI. Non sono mancati, come sempre, i SOPRAVVALUTATI e i SOTTOVALUTATI. I BRUTTI ho invece imparato a schivarli, ma essendo onnivoro e curioso in qualcuno sono incappato.

Entriamo ora nel dettaglio. In ogni sezione l’ordine è alfabetico. Vicino a ogni film qualche annotazione.

COLPI DI FULMINE

Due film perfetti che hanno in comune un concetto a suo modo rivoluzionario, dati i tempi all’insegna del possesso: l’amore non è prendere, ma lasciare andare.

Past Lives di Celine Song

The Animal Kingdom di Thomas Cailley

BELLI

Anatomia di una caduta di Justine Triet: problematico

C’è ancora domani di Paola Cortellesi: in grado di captare una sensibilità contemporanea

Estranei di Andrew Haigh: il contesto in cui l’ho visto probabilmente ha inciso sul percepito, fila lunghissima, sala piena, volume altissimo, sentivo il film ma sentivo anche il pubblico, alla fine piangevamo tutti

The Holdovers di Alexander Payne: visto due volte, la prima con sottotitoli (fatti male), la seconda doppiato e incredibilmente sono riuscito ad apprezzarlo di più nella versione doppiata. In lingua originale avevo perso tutte le sfumature dei dialoghi, il linguaggio ricercato di Paul Giamatti mi era arrivato molto meno, insomma, ho avuto modo per l’ennesima volta di capire come gli integralismi siano da evitare. Preferisco la lingua originale, ma in questo caso è andata diversamente.

May December di Todd Haynes: sofisticato

Povere creature! di Yorgos Lanthimos: visionario

La zona d’interesse di Jonathan Glazer: urticante

DELUSIONI

50 km all’ora di Fabio De Luigi: modesto

Assassinio a Venezia di Kenneth Branagh: distante

Civil War di Alex Garland: innocuo

Dune – parte due di Denis Villeneuve: soporifero

L’esorcista – Il credente di David Gordon Green: sovrapponibile a mille altri

Ferrari di Michael Mann: approssimativo

Kinds of Kindness di Yorgos Lanthimos: di maniera

L’ordine del tempo di Liliana Cavani: le intenzioni erano buone

Twisters di Lee Isaac Chung: puerile

SOPRAVVALUTATI

Il regno del pianeta delle scimmie di Wes Ball: che barba, che noia

El Conde di a Pablo Larraí: kitsch

Foglie al vento di Aki Kaurismaki: quello che ti aspetti

Il maestro giardiniere di Paul Schrader: senile

Perfect Days di Wim Wenders: ognuno ha finito per vederci quello che stava cercando, ma per ragioni che poco hanno a che vedere con il film

Il male non esiste di Ryūsuke Hamaguchi: un grande boh

L’innocenza di Hirokazu Kore’eda: mi sembra che a tutti abbia detto più cose che a me

Totem di Lila Avilés: un po’ troppa autorialità finisce per soffocarlo

The Killer di David Fincher: ordinario

SOTTOVALUTATI

Adagio di Stefano Sollima: che atmosfera, wow!

Il cielo brucia di Christian Petzold: il piacere di abbandonarsi a un racconto

Club Zero di Jessica Hauser: ambiguo

Comandante di Edoardo De Angelis: facilmente strumentalizzabile e così è stato

Confidenza di Daniele Luchetti: su Luchetti c’è un preconcetto

Dogman di Luc Besson: su Besson c’è un preconcetto

El Paraiso di Enrico Maria Artale: dolente

Enea di Pietro Castellitto: su Pietro Castellitto ci sono molti preconcetti

Felicità di Micaela Ramazzotti: anche sulla Ramazzotti ci sono molti preconcetti

Hit Man di Richard Linklater: spassoso

Kripton di Francesco Munzi: invisibile

Maestro di Bradley Cooper: coraggioso

BRUTTI

The Beekeeper di David Ayer: Jason sei figo, ti dai da fare, perché non alzare un po’ l’asticella, anche solo di poco poco?

Bob Marley – One Love di Reinaldo Marcus Green: sembra la fiaba della buonanotte

L’impero di Bruno Dumont: imbarazzante

The Place di Roman Polanski: suvvia…

Shark – L’abisso di Ben Wheatley: la tavanata che non diverte