Drammatico

A LITTLE CLOSER

Titolo OriginaleA Little Closer
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2011
Durata72'
Sceneggiatura
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Sheryl, una giovane donna che vive con i due figli Marc e Stephen in una zona rurale della Virginia, cerca di trovare un equilibrio tra il suo lavoro come governante e il suo impegno di madre

RECENSIONI


 Una madre, due figli, la Virginia rurale: una storia per certi versi raccontata innumerevoli volte. Nonostante ciò la macchina da presa di Mattew Petock riesce a sorprendere trovando la perfetta alchimia tra forma e sostanza, tra il cosa e il come. A quasi tutti i festival, e in particolare al TFF, si assiste a film spudoratamente confezionati per la competizione, con tutti gli orpelli al posto giusto per convincere le giurie (il vincitore di questa edizione Either way  fa parte di questa lista), seguendo un processo creativo ormai standardizzato che vede la scuola Sundance (altrettanto standardizzata) come modello di riferimento per i lavori americani e tanto cinema d’autore europeo (i Dardenne sono i più gettonati) come richiamo continentale. La forza di A Little Closer sta nel riuscire a colmare quel vuoto onnipresente, ciò che più viene trascurato: la sincerità. La prima impressione che il film di Petock fornisce è di uno sguardo sempre e comunque vicino ai propri personaggi, un punto di vista che, senza trascurare la forma, crede in ciò che racconta.
Con questi presupposti l’opera mostra frammenti di quotidianità di una famiglia, partendo da un incidente domestico che, sin dalle prime scene, fornisce le coordinate stilistiche del film. Il regista riesce a essere estremamente coerente nell’associare forma e sostanza: ad uno stile frammentario di regia e impostato principalmente sulla rottura, corrisponde una narrazione che procede a singhiozzo, chiamando in causa un personaggio alla volta, rompendo, sin dall’infortunio che apre il film - dalla valenza fortemente simbolica -, l’unità familiare per andare a scandagliare le singole esistenze. Proprio in questa parte centrale è significativa la sensibilità con cui l’autore mostra i personaggi: i ragazzini con le loro scoperte adolescenziali, fatte di sesso e violenza, di cinismo e isolamento; la madre, con la sua solitudine obbligata, la sua frustrazione dovuta alla scissione tra desiderio e responsabilità.
Il finale, solo apparentemente riconciliante, non è meno simbolico dell’incipit, specie nel suo ricollocare nelle medesime inquadrature l’intero nucleo familiare - cosa quasi mai successa dall’inizio del film in avanti - un modo di dichiarare allo spettatore quale sia l’unico soggetto dell’opera, l’unico motivo scatenante, quelle tre persone, sempre le stesse. Solo un po’ meno sconosciute.