TRAMA
RECENSIONI
Affascinante esperimento di due biologi che, dal 1969, studiano con la microfotografia il microcosmo nascosto nella campagna adiacente alla loro casa. Hanno girato 80 km di pellicola per montarne solo due in quest’opera, prodotta dall’attore Jacques Perrin, che a Cannes ha vinto il gran premio per gli effetti speciali. Non si tratta di osservazione scientifica ma di osservazione affettuosa del mondo degli insetti, a grandezza e altezza “naturale”, in empatia, replicando certi modi del cinema di finzione, attraverso l’elaborato montaggio, il correre parallelo di esplorazione oggettiva e selezione soggettiva dell’osservato per comporre “un” racconto, la scelta delle inquadrature per restituire anche il “bel quadro”, l’unione di purismo naturalista ed effetti speciali (visivi e sonori). Una pratica che diverrà di moda solo nel decennio successivo, mentre la Francia già prima di quest’opera aveva mostrato propensione per l’affabulazione in contesti semi-documentaristici, basti pensare alle opere di Annaud (L’Orso) e Luc Besson (Atlantis). La voce fuori campo, all’inizio, ci invita al silenzio per ascoltare i rumori di queste foreste impenetrabili, abitate da esseri fantastici: i due autori, poi, ci aprono gli occhi su di un mondo sconosciuto che impariamo a rispettare, anche come pura emanazione della Natura, somma creatrice di fantasmagorie che vanno ben oltre le capacità di immaginazione dell’essere umano. Fatichiamo con il simpatico scarabeo stercoraro mentre spinge la sua pallottola gigante, proviamo tenerezza di fronte allo scambio di effusioni di due lumache, esperiamo la lotta per la sopravvivenza nell’arco di una stagione, ritroviamo paralleli con le nostre società (i formicai, i bruchi in fila indiana come intrappolati nel traffico di automobili…) e stiamo al gioco artificioso dei registi (un pezzo di bravura la soggettiva delle formiche all’apparire del fagiano che le stermina). Peccato per una seconda parte che pare più tirata via, collage caotico e stanco di scene che sembrano aggiunte per allungare il metraggio. Ma resta una sinfonia poetica con opera buffa. Sui titoli di coda l’elenco degli “interpreti”.
