TRAMA
Una rottura, un nuovo amore e la rievocazione di una vita anteriore.
RECENSIONI
Alla sua terza prova registica, Jean-Marc Vallée non nasconde le sue ambizioni. Anzi, tende ad ostentarle e a diluirle in un mare magnum di ammiccamenti musicofili stucchevoli, intrecci che si vorrebbero vertiginosi, parallelismi da cinema d’autore senza autore. Accumula immagini patinate che si vorrebbero grandi metafore (la collisione solare dell’aereo… perché?), inanella situazioni domestiche da soap opera domenicale (il pranzo di “non-Natale”), si perde in sottotrame, aneddoti pretestuosi e divagazioni superflue. A titolo d’esempio: il protagonista è un DJ, vola a Parigi per una serata, vede la torre Eiffel, “sente” la presenza di un bambino down morto nel 1967 di cui dovrebbe essere qualcosa di simile ad una reincarnazione e rientra in Québec con questa determinante consapevolezza. Che l'autore si senta in dovere di ricorrere al soprannaturale, nella fattispecie alla trasmigrazione delle anime e alla reincarnazione, per addolcire e dilatare all'inverosimile quella che, in fin dei conti, è una semplice storia di corna, la dice lunga sul vuoto pneumatico d’idee e sull'incapacità, già attestata dal precedente CRAZY, inspiegabile abbaglio critico del 200XXX, di chiudere in fretta i conti, giocando di sottrazione e di allusioni. Vallée mira alto o illude mi mirare alto per riempire gli occhi e ammorbare le menti, opta per soluzioni narrative discutibili o sospette (perché proprio un bambino down e non un bambino tout court?), ricatta, tedia, irrita e strappa applausi. Quando Muccino incontra Kieslowski: indigeribile spazzatura mid-Cult.
