Recensione, Spionaggio

IPCRESS

Titolo OriginaleIpcress
NazioneGran Bretagna
Anno Produzione1965
Durata109'

TRAMA

I servizi segreti britannici per fare luce sulla misteriosa scomparsa di due scienziati reclutano un militare insubordinato facendolo diventare un improbabile agente segreto.

RECENSIONI

Che il canadese Sidney J. Furie non fosse esattamente un genio della regia cinematografica supponiamo se ne siano accorti tutti con Aquile d’attacco, Superman IV, Entity (e la lista potrebbe proseguire con un’altra ventina di titoli), ma corre l’obbligo di ricordare un esordio tutt’altro che infamante.
Ipcress, opera quinta dopo il più che dignitoso e pre-loachano Ragazzi di cuoio (il primissimo film era un horror alquanto sbilenco: La bara del Dottor Sangue), prende pesantemente spunto, senza tuttavia esserne una pedissequa trasposizione, da The Ipcress File di Len Deighton (anche sceneggiatore, e sceneggiatore pure di Dalla Russia con amore), tiepido spy-novel che ha il pregio di proporre un’alternativa al solito scenario da guerra fredda (che ahimé comparirà subito dopo con Funeral in Berlin). La struttura di questo (ormai) classico della Rank, al di là di una costruzione narrativa sufficientemente robusta, per quanto basata su un plot piuttosto banale, si fonda su due elementi portanti: le atmosfere tipiche da spy-story (addirittura ancor più intriganti di quelle fleminghiane) e il personaggio dell’agente segreto Harry Palmer, tratteggiato in maniera assai raffinata dall’impeccabilità tutta british di Michael Caine.
In effetti il fulcro dell’interesse dell’intera pellicola risiede proprio nella figura del secret agent Palmer, (anti)eroe atipico non tanto perché occhialuto e piuttosto maldestro, quanto per il suo olimpico distacco da cose e persone che lo circondano e vicende che suo malgrado lo coinvolgono, una sorta di trasognato dandy post-esistenzialista costretto a fare il mestiere che fa più per ragioni alimentari e (ovviamente) legali che per autentica deontologia professionale, in breve: l’anti-Bond. Palmer sgomina l’organizzazione neo-nazista infiltrata nel Mi5 inglese con la sua improbabile e beffarda attitudine sorniona (Caine sta già spianando la strada per il successo del personaggio del serial omonimo che lo renderà noto agli occhi di tutto il mondo: Alfie) rimanendo quasi impassibile anche nel momento in cui dovrà affrontare il trattamento Ipcress (dal quale il dossier segreto prende il nome), una sorta di condizionamento cerebrale denominato Induzione Psiconeuronica. Molto del fascino e del coinvolgimento, come si accennava, è dovuto all’efficacia delle musiche di John Barry, della fotografia plumbea e avvolgente di Otto Heller e delle suggestive scenografie di Ken Adam (quello di Barry Lyndon) che nei Pinewood Studios concorrono a creare uno spazio e un tempo dell’azione, una Londra molto poco swinging degli anni ‘ 60, davvero ipnoticamente inquietanti. Il film inoltre possiede un discreto ritmo anche se il susseguirsi di alcune inquadrature ben congeniate non ne fa certo un capolavoro di montaggio, come qualcuno ha sostenuto.
La figura di Harry Palmer conoscerà due seguiti: Funerale a Berlino di Guy Hamilton (1967) e Il cervello da un miliardo di dollari di Ken Russell (1968) che vedrà l’agognato ritorno di Caine.