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VIDEO DELL’ANNO 2023 – TUTTE LE CATEGORIE


Di volata e senza grossi preamboli, ché lo speciale esce tardissimo ed è al solito molto lungo e ricco di titoli; la cosa che mi è più balzata
agli occhi quest’anno l’ho sintetizzata in una frase che ho già speso in altre sedi, ma che riciclo qui: nei video di oggi il bianco e nero è quello che è stato il ralenti nei clip anni Dieci. Ne ho fatto quindi un sottile leit-motiv dello speciale, mettendo in evidenza, talvolta, le logiche (o illogiche) sottese alla scelta perché se non sorprende la Sally Potter di Black Mascara (bello, peraltro), mi colpisce Mountains At Midnight (Royal Blood) diretto da Milo Blake, una performance live in cui la scelta cromatica uniforma in un magma visivo ribollente il movimento, le luci, l’energia, accentuandone la forza sensoriale. Un esempio.
Buona visione, buon ascolto, buona lettura.

PERFORMANCE

Flowers (Miley Cyrus)
diretto da Jacob Bixenman
Grande lavoro sul corpo della star: inizia anonimo, tra le strade, con Miley che sembra tornare da un party, agghindata con un abito dorato. Continua all’interno della villa – tra piscina, esercizi ginnici, doccia -, in un percorso informale negli interni, fino all’apoteosi dell’esibizione sulla terrazza illuminata dai fari. Dal giorno alla notte, dall’inizio alla fine, solo lei, Miley Cyrus. Che basta e avanza. Lo dimostrano i successivi: l’ancor più essenziale River in cui Jacob Bixenman dipinge nel bianco e nero trendy le evoluzioni della Nostra; Jaded in cui il regista, con Brendan Walter, conferma la politica di concentrazione sulla star come bastevole a se stessa; soprattutto: il bellissimo Used To Be Young, perfomativo tra i più ipnotici e affascinanti dell’annata tutta. 

Holding Out For A Hero (Adam Lambert)
diretto da Jordan Rossi
Non solo il video, come si diceva l’anno scorso, guarda sempre più al performativo anni 80, ma ormai lo fa con cosciente riproduzione dei modelli dell’epoca (qui soprattutto il Robert Palmer diretto da Terence Donovan). Così, per questa cover di Bonnie Tyler, Jordan Rossi usa semplici, nudi set, giocando tutto su montaggio, coreografia bizzarra e capacità interpretative della star.

Silly Me (Jess Glynne)
diretto da Furmaan + Vasso
Tra i più belli della categoria del 2023, per la raffinatezza e inventiva dei quadri, le scenografie astratte, la chirurgica coreografia, il vago onirismo. Dalla coppia di registi (rivelazione dell’anno) anche l’ipnotico, fascinoso sabba di Possession of a Weapon di Ashnikko, ancora sul filo dell’onirismo. 

Number One Candidate (AntsLive)
diretto da Tom Emmerson
Parte come un performativo di carattere, con splendido uso della location (le Alpi), idee divertenti (il lip-sync a cavallo) e montaggio brioso, si converte improvvisamente in racconto demenziale che rimette in discussione in quella chiave tutto ciò che il video ha dichiarato in precedenza. Intelligente, girato in pellicola nonostante il budget risicato, fida sulla comunicativa di un artista completamente a suo agio nel gestire narrazione e tono.

Dive (Olivia Dean)
diretto da Candice Lo
Sulla carta un insopportabile video ambulante, di quelli che hanno imperversato nella videomusica di casa nostra, ma come al solito non è il concetto che fa la differenza, ma lo stile col quale lo si mette su schermo. Qui un pedinamento di rara leggerezza, un uso aereo della macchina da presa, varianti al punto giusto (il riflesso sulle vetrine), il cambio di paesaggio e l’uso funzionale del drone. Brava Candice.

scarlet — DOJA CAT AGORA HILLS (2023)

Agora Hills (Doja Cat)
diretto da Hanna Lux Davis, Doja Cat
Doja Cat aggiunge una’altra perla alla sua videografia con questo performativo che evita tutti i luoghi comuni del genere: epoca indefinibile, ambientazione astratta, vaghe suggestioni horror, nuance distopiche, estetica originale, analogica nostalgia. 

Promises (ELI)
diretto da Jade O’Connor
Gondry ci ha insegnato che il problema non può mai essere il budget e che si può essere comunque creativi usando solo quello che si ha a disposizione. Qui un performativo semplice ed elegante in cui le idee di messa in scena, la bella performance e la scelta dell’ambientazione fanno tutto. E bene.

Houdini (Dua Lipa)
diretto  da Manu Cossu
Partendo da un’esplicita citazione di Hang Up di Madonna (2005) diretto da Johan Renck – l’artista in sala prove che balla allo specchio -, il video è un coreografico energico che si trasforma in un’orgia disco vagamente psichedelica in cui realtà e immaginazione si confondono. Prodotto da Romain Gavras.

Che sul performativo oramai si punti in termini di messa in scena inventiva e memorabili quadri visivi, a servizio di visual e reel, non lo impara certo oggi (anzi, lo insegna a tutti) il Joseph Kahn per Rita Ora, ma lo confermano anche lavori come Never Felt So Alone (Labrinth feat. Billie Eilish) diretto da Daniel Sannwald (superbo enigma claustrofobico, tra concetto e narrazione implicita). Come gli splendidi bianco e nero (+ pellicola) di Blurry (Petite Noir) diretto da Hector Aponysus, Drill Vs Grime (Jords feat. Lil Sykes) diretto da Sau Ali, I Know Your Present (Sans Soucis) diretto da Jay Green e Things Change (Fly Anakin feat. Demae) diretto da Spencer Young. Ancora: l’ennesimo perfetto quadro glamour per Jessie Ware (Pearls diretto da Sophie Muller & Theo Adams), il bel gioco di prospettive che AB/CD/CD apparecchiano per la performante Mae Muller di I Wrote A Song, la semplice intensità di By Myself di Aidan diretto da Ben Cole, l’uso magistrale delle ambientazioni nel forte simbolismo di Try Me (Jorja Smith) diretto da Amber Grace Johnson. Si aggiungano il delirio gore di LosT (Bring Me The Horizon) diretto da Jensen Noen (visione tubica solo se loggati), l’inno pride Padam Padam di Kylie Minogue (video classicamente lucido della maestra Sophie Muller), le raffinatezze da ad urlato di 24 Hours e Close To You (Absolutely) diretti da Dano Cerny (amo).

NARRATIVO

The Beach (Junodream)
diretto da Ned Botwood
Nel ritorno trionfale del bianco e nero (il videoclip vive di formule, oggi si nutre di questa) il video di Botwood spicca perché la scelta cromatica assume particolarmente senso, valorizzando la densità delle soluzioni visive (il netto chiaroscurale, i ralenti a scatto, i riflessi acquei, le sfocature strategiche) ed evitando certi effettismi che il colore avrebbe banalmente enfatizzato. Il pregevole lavoro di montaggio, l’intelligente uso dell’ambientazione, le svolte semplici ed efficaci dell’allucinata narrazione fanno il resto. Per molti versi la colta citazione di certo delirismo in clip anni 80.

Echolalia (Yves Tumor)
diretto da Jordan Hemingway
Quello tra Tumor e Hemingway è oramai un sodalizio (si estende anche agli artwork) e si conferma cool anche in questa ennesima macedonia glam, riconoscibilissima nel suo registro lussureggiante e nella portentosa cinematografia. E che sottintende una narrazione: un gigantesco Tumor prigioniero di una comunità lillipuziana (e aliena?), fatta di tanti mini-Tumor. Mentre il claustrofobico inizio si apre al fantascientifico di grande respiro, sotto pulsa il brano, esalato come fosse un lamento dall’ansimante artista incatenato. Farà una brutta fine. 

Oh My (Luude & Issey Cross feat. Moby)
diretto da Three Shades
Quelle narrazioni che ci piacciono sempre: la serata in discoteca e in montaggio alternato la fuga e le mattate, dalla piscina notturna al mare mattutino. Due ragazzi e una ragazza, un racconto d’estate tutto affidato a montaggio e soggettive strane (lo spazzolino). 

Traps In My Feed (dné)
diretto da Lubos Vacke
Storia di alienazione, con la protagonista che si sdoppia sul treno della sua routine lavorativa quotidiana. Simboli semplici (il criceto sulla ruota, lo jojo, lo specchio che si frantuma) e storia non originalissima, ma ottima realizzazione.

Nota de voz (Los Hermanos Láser)
diretto da BokiChelo
Era un po’ di tempo che non incocciavo in una narrazione di costruzione complessa ma leggibile, appassionante dall’inizio alla fine e piena di dettagli che si colgono attraverso la revisione. Qui due livelli temporali: il primo è l’incontro tra i due protagonisti e la sua tragica fine, il secondo la tenacia del rapporto che continua nella dimensione post mortem. Ma al di là della scrittura, è nella qualità della messa in scena e nell’originalità delle soluzioni che sta la chiave della godibilità del lavoro.

Tear It Up (DSTRCT)
diretto da Joe Nankin
L’ex metà di Young Replicant alle prese con un narrativo ermetico, come da tradizione dell’antico marchio. In bilico tra incubo e tormento theweekndiano (la fama, il vuoto, il saldo dei conti interiori). Bello perché tutto sottotraccia, oscuro, certo, ma efficace (la performance in auto) ed elegante (composizione, soluzioni visive).
Più chiaro, ma ugualmente intenso, If Love Could Have Saved You (Hybrid Minds), un piccolo racconto – poetico, struggente e mai consolatorio – sul ricordo come tenace legame tra vita e morte. 

Wall Of Eyes (The Smile)
diretto da Paul Thomas Anderson
Ormai solidissimo il sodalizio tra PTA e Yorke: i loro video onirico-allucinati sono pieni di belle soluzioni, ma devo dire che patiscono puntualmente la durata, pur fondandosi su progressioni narrative visibili e non ripetendosi mai.

Veronica (Master Peace)
diretto da Luis Hindman
L’inseguimento in un locale di una ragazza è narrato dal punto di vista (distorto dallo stato alterato) del protagonista. Che nel suo barcollante procedere tra la folla interpreta la canzone e legge la realtà in maniera ossessiva. Molto interessante per la varietà di dettagli e soluzioni che Hindman utilizza per dare senso e tensione all’unica situazione messa in scena. Visivamente e tecnicamente vicino a certe soluzioni di Frank Lebon: uso della pellicola, colori, congelamento dei contesti.

Backbone (Macgray)
diretto da Aline Magrez
La responsabile degli effetti acustici di un film si immedesima nelle immagini al punto da rivedersi nella storia della pellicola, in una vertigine di riflessi che diventa angosciosa proiezione. Il concetto è condotto alle estreme conseguenze, fino al totale rispecchiamento che trova alla fine un’apoteosi.
Una narrazione horror condotta benissimo, un corto che sorregge coerentemente la traccia.

Cocktail d’amore  (Mahmood)
diretto da Torso
Il cantautore, nella sua camera, è alle prese con un videogioco in cui un avatar che lo rappresenta gira tra i vicoli napoletani in un percorso accidentato che metaforizza i dolori sentimentali e gli ostacoli esistenziali evocati nel testo. È il lavoro più ambizioso girato nel campo da Mahmood che ribadisce l’attenzione da sempre altissima per il linguaggio video (si riguardi tutto il lavoro per l’album Ghettolimpo), confermata anche dal prestigioso artwork del disco, una creazione di Fredrick Heyman.
A dirigere Torso ovvero David Toro e Solomon Chase, fotografi e registi losangelini al servizio di grandi marchi (Burberry, Mugler, Jean-Paul Gaultier). Produce Division.

Jenn’s Terrific Vacation (Danny Brown)
diretto da Noel Paul
Un performativo che presuppone una narrazione inquietante (la cultura nera depredata), nella semplicità dell’unica location e della soluzione scenica. Splendido concept, con taglio quasi doc (b/n ça va sans dire) ma sporcato da schizzi allucinati.
Molto meno interessante la narrazione che Paul apparecchia per
Wasterpiece (The Kills).

Satellite (Harry Styles)
diretto da Aube Perrie
Aube Perry ormai autore a tutti gli effetti, complice il recidivo Harry Styles che regala all’idea del francese la sua Satellite. Il punto di vista privilegiato è quello di un aspirapolvere, robottino che si muove dietro le quinte del concerto della star, si sposta in strada, si dirige verso luoghi altri. Una via di mezzo tra Wall-E e Corto circuito, sottotraccia uno Spielberg a caso. Umanizzazione della macchina, coinvolgimento emotivo, racconto lineare e paradigmatico. Il tutto condotto con armonia e sensibilità.
Aube Perry anche per Hives Bogus Operandi : un horror video sfrenato, sottilmente demenziale e grondante sangue.

CONCETTUALE

Higher (London Grammar & Camelphat)
diretto da Waxxwork
Una coreografia in cui immagini tratte da dipinti classici (ma ci sono anche inserti fotografici e in AI) si sovrappongono a pose ed espressioni, a richiamare paralleli tra l’estasi del ballo e il rapimento mistico. Come nel video di Camille Summers-Valli per Mette (ne parliamo nella seconda parte) c’è un pregevole lavoro preparatorio che rende fluida l’operazione, non facendo pesare la costruzione e il concetto, il lavoro, al contrario, suonando molto leggero e sempre coinvolgente.

Whistle (Jax Jones & Calum Scott)
diretto da Charlie Sarsfield
Giocando di (falsi) freezing parziali, Sarsfield gioca sull’unico contesto ambientale (un pullman) in cui si mette in scena la performance, giocando di posizionamento di sguardo e frammentazione e alternandoli alla prospettiva esterna che segue il percorso del veicolo. Semplice nella concezione, ma articolato nell’esecuzione, con previsione di un momento coreografico a punteggiare le implicite narrazioni.

SelfishFeel Good (slowthai)
diretti da The Rest & UNCANNY
Due griffe registiche per Slowthai, artista sempre molto attivo sul campo, qui al concettuale basico (come tradizione per gli autori coinvolti): nel primo un angosciante pianosequenza che comincia in morbido avvicinamento a una stanza di vetro in cui il Nostro è rinchiuso e dà di matto, il secondo mette insieme una serie di portrait di fan dell’artista e ne registra, in alternanza, la reazione al brano in compagnia del loro beniamino.

Swing (In a Dream) (Squid)
diretto da Yoonha Park
È un piacere riaccogliere tra queste pagine un videomaker appassionato e inventivo come Yoonha Park (al quale mi lega anche un ricordo personale, una serata newyorkese passata per locali a parlare SOLO di cinema…), qui all’efficace gioco in ipnotico accumulo che punta a una posta visionaria sempre più alta, in combinato col citazionismo spinto e variato a puntino (il Gondry di Ride per The Vines, all’ombra del totem Tango dell’immarcescibile Zbigniew Rybczyński). Bisogna sempre guardare in alto, bravo.

Points Of View (Hotel Lux)
diretto da Ewan Jones Morris
Irriducibile Ewan, continua imperterrito nel suo discorso artigianale, autarchico, militante, low low low budget, mischiandolo a un algoritmo e all’intelligenza artificiale. Un’oasi di purezza concettuale in un mondo di  videobrutalità.

Deadman Deadman Deadman (Skinny Pelembe)
diretto da Dylan Friese-Greene
Arriverò a una sezione dei video con uso di AI, è inevitabile (magari l’anno prossimo). Ma qui le immagini generate dall’intelligenza artificiale sono solo sostanza al servizio del concetto. E comunque il video lo fa tutto lo strabiliante montaggio.

My Luv (Ray Laurél)
diretto da Guy Gooch
Ray Laurél interpreta a tutto tondo brano e significato: ambientazione unica, coreografia espressionista, superbo uso dello spazio, performance al servizio del tema. Chapeau.

I Wish You Roses (Kali Uchis)
diretto da Cho Gi-Seok
Splendido quadro in movimento che, tra fluo allo spasimo, cromie sberluccicanti e forme cangianti, associa la performante Kali Uchis a infiorescenze e boccioli, giocando di botaniche assonanze visive. Logica da commercial di impatto: immersivo, di grande effetto, elegantissimo. 

Angry (The Rolling Stones)
diretto da François Rousselet
Il francese fa attraversare il Sunset Boulevard dall’attrice Sydney Sweeney in decapottabile, la chioma al vento, mentre l’arteria losangelina appare tempestata di cartelloni giganteschi che citano quelli che, alla fine degli anni 60, si potevano effettivamente ammirare nel luogo e che oggi sono pressoché scomparsi, sostituiti dai megaschermi. Roussellet ha progettato un centinaio di billboard – corredati da immagini degli Stones setacciate tra i filmati d’archivio, dagli albori della band fino ai giorni nostri – per farne enormi, strabordanti quadri in movimento in un lavoro per soli fan, tecnicamente pregevole, ma lievemente automatico e succube dell’ormai imperante logica visual.
Quanto più bello è il suo commercial per Jean Paul Gaultier (Divine), con i marinai di una nave in bottiglia alle prese con una (capricciosa) tempesta e in sottofondo la Casta Diva della Callas remixata dai Massive Attack?
Dagli Stones anche Mess It Up di Calmatic! con un’altra guest (l’attore Nicholas Hoult), narrazione di concezione già vista, piuttosto deludente.

Could You Help Me (Lucy Rose)
diretto da Dylan Friese-Greene
Gondryano nello spirito – senza manifestarlo esplicitamente – mescola la filosofia del francese con un occhio in bilico tra protocinema e avanguardia, restando secco, lucido e inaspettatamente inquietante.
A proposito di Gondry introiettato: in Helmet di Steve Lacy, Aus Taylor compie un’acrobazia che sa del maestro (che l’avrebbe fatta in analogico, però). Rimane godibilissimo, sia chiaro.

Black Dress (070 Shake)
diretto da Noah Lee
070 Shake si riaffida a Noah Lee che conferma la potenza del suo immaginario e il prediletto registro onirico, rappresentando l’artista come unica superstite di un incidente aereo, prima bloccata su un albero col suo paracadute, poi fluttuante nell’aria, infine a terra, posseduta da una forza sovrannaturale: un nuovo spaccato interiore che lambisce i misteri della psiche prediligendo le forme del sogno inquietante.
070 Shake sempre nel cuore, traccia sublime come solo le sue.

Gorilla (Little Simz)
diretto da Dave Meyers
Dave Meyers è IL regista che amo detestare, quindi gli sono affezionatissimo, anche perché talento e idee ne ha da vendere. Il suo, stile, massimalista ed esasperato, proprio nei suoi eccessi è innegabilmente originale, una cifra personale di cui Gorilla è perfetto campione. Il video rinnova quella tendenza del Nostro (e del suo atelier?) ad accostare una all’altra situazioni e set diversificati, non necessariamente coerenti ed equilibrati, ma di grande impatto visivo (il lavoro sul VFX è al solito massiccio). Dubbioso, nel bene parlerei di enigmaticità, nel male di gratuità. Intanto lo riguardo.

K- POP

Lo scrivevamo già l’anno scorso che dal K-Pop scaturiscono i video più inventivi e produttivamente imponenti in circolazione: non c’è solo una professionalità pazzesca (ma lì  – passando alla Settima Arte – anche l’ultimo dei cineasti ha un mestiere che dalle nostre parti sarebbe eccezione strabiliante), ma anche un sacco di soldi che si investono sul linguaggio, come in Occidente non capita più da almeno una ventina d’anni. Paradossalmente il videofilo boomer troverà più soddisfazione, chessò, in un performativo come Like Crazy di Jimin (dirige Oui Kim), con la sua narrazione allucinata, le scenografie principesche, il montaggio serie A, il massimalismo applicato a un concetto ovvio, che non in quelli di una qualsiasi popstar occidentale. Vedere per credere.

S-Class (Stray Kids)
diretto da Bang Jaeyeob

Ador (NewJeans)
diretto da Min Hee Jin

Sensitive (Loossemble)
diretto da Gusang Jung

God of Music (SEVENTEEN)
diretto da 725

Perfect Night (LE SSERAFIM)
diretto da Woogie Kim

Rainy Days (V)
diretto da Min Hee Jin

One and OnlyPerformance version (BOYNEXTDOOR)
diretti da Seo Dong-hyeok

D-Day (Agust D)
diretto da Yong-seok Choi

Psycho (Jun)
diretto da Moswantd

Road Not Taken (&TEAM)
diretto da Hong Jaehwan, Lee Hyesu

ANIMAZIONE

Infinity Repeating (Daft Punk feat. Julian Casablancas + The Voidz)
diretto da Warren Fu

Bad Man (Disturbed)
diretto da Tristan Holmes

Grief (Joe Armon-Jones & Maxwell Owin feat. Lex Amor)
diretto da Denisha Anderson

Doolally (Hak Baker)
diretto da Hugh Mulhern

Run All Night (Goo Goo Dolls)
diretto da Dedo Ciego

Paper Machete (Queens Of The Stone Age)
diretto da Alice Bloomfield

Rust (Yussef Dayes feat. Tom Misch)
diretto da Jack Brown

Worms (Ashnikko)
diretto da Raman Djafari

Laugh Track (The National feat. Phoebe Bridgers)
diretto da Bernard Derriman

Mother Nature (MGMT)
diretto da Jordan Fish


COREOGRAFICO

Doldrums (Silverhours)
diretto da Craig McLaughlin

Silence (Ama Lou)
diretto da Marlzama Films

Like A Saviour (Ellie Goulding)
diretto da Joe Connor

This Idle Motion (Lunge)
diretto da Simon Owens

Check For Signs Of LifePicking Up Pieces (Philip Selway)
diretti da William Williamson

Love And Money (Katie Melua)
diretto da MrMr

Prosa (Entely)
diretto da Kyryl Volovych

Flip A Switch (Raye feat. Coi Leray)
diretto da Otis Dominique

Needs (Tinashe)
diretto da Sammy Rawal

All Of The People (Grian Chatten)
diretto da Sam Taylor

CICLI – LONG VIDEO

Call Me If You Get Lost: The Estate Sale (Tyler The Creator)
diretti da Tyler Okonma
Da sempre (geniale) artefice dei suoi clip, Tyler The Creator è passato dal pauperismo che caratterizzava le prime opere a una complessa cifra estetica: oggi il suo è un universo videonarrativo articolato in cicli conchiusi e spesso abitato da personaggi ricorrenti, consacrato a una forma sempre più raffinata, nutrito di artifici scenografici e composizioni simmetriche (il suo regista preferito? Wes Anderson). Per l’ultimo album Call Me If You Get Lost: The Estate Sale (dichiarata estensione del precedente, vincitore di un Grammy) l’artista firma (col suo vero nome) un nuovo ciclo il cui culmine, Wharf Talk, lo vede in gita campestre con un amico immaginario (si gioca sull’ambiguità, supponendosi un’avventura romantica): il finale rivela che si tratta di A$ap Rocky.
Come al solito è arduo individuare chiavi di lettura univoche, Tyler puntando sull’effetto complessivo, su una ricerca stilistica che spiazza tanto per la stravaganza degli assunti, quanto per l’eleganza della confezione (i morbidi carrelli, la fotografia pastello, le scenografie da favola). E, come nel vertiginoso
Sorry Not Sorry, su una tenace, acutissima autonarrazione che si amplia a comprendere persona, personaggio, artista e sue emanazioni.

Oceans Of EmotionTake My HeartLondon Bridge (The Teskey Brothers)
diretti da W.A.M. Bleakley
Mi piace moltissimo Bleakey per il realismo dei racconti, la loro naturale fluidità, la precisione del dettaglio. Perché non nasconde la performance, anzi la ostenta e la incornicia in contesti che esplora comunque con occhio documentaristico. In questo trittico c’è amore per i personaggi messi in scena e per i luoghi visitati. E dal suo sguardo trasuda un interesse autentico.

The Film (Boygenius)
diretto da Kristen Stewart

The Bowline Knot (Patrick Wolf)
diretto da Joseph Wilson

Dirt In The Diamond a short film  (Jords)
diretto da Renee Maria Osubu

You’ll Never Guess What Happened Next… (King Krule)
diretto da Anna Pollack

Undertow (Son Lux)
diretto da Alex Cook

De Selby  12 (Hozier)
diretti da Wolf James

Live From Apartment 22 (Joesef)
diretto da Luis Hindman

RAPT (Kokoroko)
diretto da Akinola Davies Jr

Surface Tension (aircode)
diretto da Federico Barni

Now And Then – The Last Beatles Song (The Beatles)
diretto da Oliver Murray

Bye Storm, By Storm – Double Trio (Injury Reserve)
diretto da Parker Corey

ITALIANO

Top
Splash (Colapesce, Dimartino)
diretto da Zavvo Nicolosi + Giovanni Tomaselli
In un panorama standardizzato come quello videomusicale – e quello italiano ancor di più – prevale chi dimostra di essere padrone di una poetica originale e di un timbro visivo riconoscibile (hai detto niente). Se poi si riesce a far dialogare queste capacità con la peculiarità degli artisti in scena e le caratteristiche del brano – come accade in questo caso – dubbi proprio non ce ne sono.

Performance
A fari spenti (Elodie)
diretto da Morelli Brothers
Elodie ancora coi Morelli dopo Bagno a mezzanotte in odore di Beyoncé. Una via italiana all’iconic video: in piena adorazione dell’artista, con art direction curatissima, narrazione solo accennata ed esibizione in set astratto e nudo. Questa hit non chiedeva altro. Bravi tutti.

Narrativo
Mare di guai (Ariete)
diretto da Enea Colombi
Spaccato generazionale con tragedia in trasparenza a cui Enea Colombi conferisce il consueto, forte marchio visivo.
Best pop video (newcomer) agli UKMVA.

Concettuale
Sole dei sensi (Riccardo Morandini)
diretto da Uolli
Meta-video che, riflettendo su modalità e tecniche promozionali, conferma Uolli il più lucido teorico della nostra videomusica.

Il più cliccato
Due vite (Marco Mengoni)
diretto da Roberto Ortu
Il video della canzone vincitrice di Sanremo ha superato i 100 milioni di view.

COMMERCIAL

 

Men’s Fall-Winter 2023 Show (Louis Vuitton)
diretto da Michel Gondry

The Perfect Tree (John Lewis & Partners)
diretto da Megaforce

Nice To Beat You (Nike)
diretto da Fleur Fortuné

Remember how much you loved electric cars? (Renault)
diretto da We Are From LA

150th Anniversary (Heineken)
diretto da Bradley & Pablo

Hello Yellow (Apple)
diretto da François Rousselet

Nothing Plates (Expedia)
diretti da Lope Serrano

On Tubi, the things you love just keep going… (Tubi)
diretto da Andreas Nilsson

Iconic Sounds (Beats)
diretto da A$ap Rocky

Create Now. Creat Next. (Converse)
diretto da Gregory Ohrel

SECONDA PARTE: LA TOP 20 DELL’ANNO