Recensione, Thriller

CON GLI OCCHI DELL’ASSASSINO

Titolo OriginaleLos Ojos de Julia
NazioneSpagna
Anno Produzione2010
Genere
Durata112'
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Julia indaga sulla morte della sorella gemella, come lei afflitta da una malattia degenerativa che conduce inesorabilmente alla cecità. Dovrà esplorare le ombre della verità per avere giustizia.

RECENSIONI

Il mercato spagnolo, in fatto di cinema di genere tendente al nero, è prolifico e, soprattutto, l'unico Europa in grado di autosostenersi: continuo scialo di titoli, vendite all'estero e, in primis, il successo in terra madre. Con gli occhi dell'assassino - titolo demente che ci spiega minuziosamente e (senza alcuna aderenza al testo) che in Los ojos de Julia si parla di omicidi - conferma, sui fronti produzione, confezione, redditività, testimoniando inoltre del livello qualitativo medio delle opere. Nel riflusso di detriti di temi e simbolismi accumulati nelle spiagge della Storia del Cinema Giallo/Thriller/Horror (cecità, oscurità, doppi, invisibilità sociale, complessi di Edipo, figure del Perturbante etc etc), l'opus nº 2 di Morales (sotto l'egida di Guillermo Del Toro) si distingue per le sorprendenti capacità di messa in scena e padronanza delle dinamiche di genere: gioca superbamente con la gestione del sapere spettatoriale (omettendo o anticipando, creando continue discrepanze nel rapporto pubblico/protagonista), colma di tensione le evidenti lacune del verosimile, inventa cinematograficamente reinventando forme [la soggettiva tremante dell'assassino che non c'era, la mise en scène aderente all'universo mentale di Julia, che esclude il volto e l'identità dell'assistente (come fosse la padrona di casa di Tom & Jerry), la variazione parossistica sul tema dei flash di La finestra sul cortile] e, soprattutto, intreccia con vigore (e vis mediterranea, a voler ricorrere a uno stereotipo culturale stantio) l'universo sentimentale della protagonista ai luoghi oscuri della narrazione, facendo della detection una ricerca sui propri fantasmi, di ogni coup de théâtre lo stravolgimento di una mappa affettiva, sfociando, infine, in una sublime risoluzione sfacciatamente melò e svergognatamente simbolista. E' qui che il marchio Del Toro si rivela, in un film sino a quel momento percorso da un respiro sospeso tra Argento e De Palma, principali referenti di un'opera che dialoga serratamente con le forme del già visto e mira (riuscendoci) a rinnovare confermandole, in quella dialettica tra soddisfazione delle attese e slittamento che contraddistingue(va) ogni produzione di genere. Senza sprofondare in derive exploitation, concedendosi con efficace parsimonia al gore e ambendo a un fare cinematografico profondamente classico.