TRAMA
Tre episodi, segnati dalle frecce di Cupido: “Giovinezza”, “Maturità”, “Oltre”.
RECENSIONI
Sbarca nelle sale il nuovo capitolo della fortunata serie veronesiana: tre spunti che non riescono a diventare bozzetti, collegati da unideuzza (Cupido, adeguatamente imberbe e paffuto, si traveste da tassista per avere maggiore liberta dazione ai danni dei mortali), peraltro non sviluppata e lasciata ad ammuffire tra gag stancamente riciclate (i tic e le mossette del personaggio di Verdone vengono direttamente da Perdiamoci di vista, 1994, e anche Donatella Finocchiaro la più in palla dellaltisonante cast si ispira vistosamente allAsia Im trouble Argento di quel film), assoluta inadeguatezza attoriale (Scamarcio è un ciocco di legno, la bionda Chiatti e la bruna Solarino sono unaccoppiata in odor di veline, De Niro giustamente pensa ad altro, Placido strabuzza gli occhi e la non-espressione di Monica Bellucci al momento dellirruzione dei pompieri acquisisce subito lo status di scult), totale indifferenza alla possibilità di concepire uno script degno di questo nome. Lepisodio più imbarazzante è il primo, che riesce a far rimpiangere la Toscana pseudoruspante di Pieraccioni, proponendone una versione slavata malgrado (o a causa di) maldestre scimmiottature dei meccanismi della pochade classica (lascensore). Il segmento di Verdone galleggia grazie al mestiere dellattore, ma se la storiella del divo oggetto di stalking barcolla meno delle altre due, il merito è soprattutto della Finocchiaro, davvero luminosa e degna di più consistenti occasioni per mettere alla prova le proprie doti (tragi)comiche. Si torna alla marchetta facile e un po triste per il capitolo conclusivo, in cui peraltro De Niro appare meno imbalsamato rispetto al recente Vi presento i nostri. Naturalmente sarebbe assurdo aspettarsi da un film del genere una visione dellamore, e dellesistenza in genere, meno che prevedibile e rassicurante, ma il (non tanto) cripto moralismo reazionario (nessuna passione, per quanto travolgente, vale la sicurezza di un bel matrimonio, e comunque la passione è una malattia, poiché amare significa, per luomo, offrire conforto materiale e protezione assoluta dal mondo esterno, mentre la donna è ovviamente chiamata ad adempiere la funzione di moglie fedele e madre devota) fa cadere le braccia, per tacere di altro.