Commedia, Recensione

VAMPIRES (2010)

TRAMA

Un canale della televisione belga viene contattato da una comunità di vampiri annoiati dalla propria immortalità per realizzare un reportage sulla loro condizione. Dopo un paio di fallimenti che sono costati la vita ai giornalisti inviati sul posto, una troupe riesce finalmente a entrare nella quotidianità della famiglia composta dai genitori, Georges e Bertha Saint-German, e dai due figli: l’indolente Samson e Grace, in eterna crisi adolescenziale.(Dal catalogo del TFF)

RECENSIONI

Il mockumentary del belga Vincent Lannoo, vicino al cinico sensazionalismo para-televisivo del connazionale Il cameraman e l'assassino, rivela la routine quotidiana di due famiglie di vampiri, divisi tra le inestirpabili abitudini della loro genìa e i rispettabili doveri a cui li costringono gli abiti civili, tra certe sanguinarie perversioni e l'ipocrita bon ton borghese utile ad occultarle. Senza grandi sorprese, il grottesco ritratto familiare si sviluppa nella forma del reportage video, fedele ai principî cineveritieri (macchina a spalla e suono in presa diretta) e comprensivo di interviste ai diretti interessati. Il dogmatico Lannoo, seguace dei precetti formali di Von Trier già dal precedente Strass (esiguo Dogma n. 20), s'incatena così a una rigida gabbia documentaria per svecchiare un immaginario cinematografico, quello vampiristico, già ampiamente spolpato e degradato in parodia. Ma se gli intenti comici e dissacranti dell' esperimento (ad altezza mediometraggio) possono dirsi generalmente riusciti, si deve più alla vivacità di scrittura, al buon gioco d'attori e all'originalità di gag e situazioni che non alla banale struttura finto-documentaria; l' humour beffardo con cui vengono rielaborati certi tòpoi (i vani tentativi di suicidio della figlia, condannata dall'immortalità; la mancanza di stress tra i vampiri, non più oppressi dalle limitazioni temporali dei mortali; la possibilità di regredire allo stato umano, via esaurimento nervoso) e l'acuminata caratterizzazione dei personaggi (ninfomani, incestuosi e pedofili) non trovano adeguata rispondenza in una messa in scena stanca e meccanica, colpevole di suonare, alla maniera del peggior Dogma, aprioristica e limitante. La sit com ribaltata di segno mantiene così un cuore conforme, addomesticando il perturbante in un divertissement dal fiato corto, con l'efficacia dei singoli gag a spegnersi nell'aridità di un'opera che, intenta ad aggiornare consolidati cliché d'immaginario, rimane obbediente a regole formali ancor più convenzionali, come se il cinema del reale possa esprimersi solo come reportage televisivo. Resta però una graffiante eccezione: la satira sociale di Vampires, generalmente blanda, s'intinge di sana acredine quando mostra un poliziotto servire alla famiglia Saint-German un clandestino centrafricano per il pasto serale, in un'acutissima riflessione sui vampiri come classe privilegiata e intoccabile, adepti esemplari di un feroce darwinismo sociale utile allo Stato per sgravare la società dei suoi elementi più deboli (oltre ai migranti, concorrono al banchetto anche prostitute e bambini abbandonati). Peccato che a parte questo passaggio swiftiano e i radi zampilli gore, la commedia indulga troppo a lungo in strépiti e liti da soap isterica (esattamente come succedeva in Strass) e pur senza difettare in piglio e idee, si stiracchi ripetitiva e monotona a misura di lungometraggio, subito dileguandosi, innocua ed esangue, nell'oblio del dopo-visione.