Fantascienza

GUERRE STELLARI – IL RITORNO DELLO JEDI

Titolo OriginaleStar Wars: The Return of the Jedi
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1983
Durata134'

TRAMA

Liberato Han Solo dalla prigione in cui lo aveva rinchiuso Jabba, Luke Skywalker fa una terribile, dolorosa scoperta…

RECENSIONI

Il ritorno dello Jedi chiude la prima trilogia di Star Wars, girata con precisione svizzera ogni tre anni dal 1977 al 1983. Con l’aggiunta del terzo episodio (che diverrà il sesto nella numerazione definitiva, successiva alla realizzazione della seconda trilogia) l’opera di Lucas accentua la sua natura ontologica seriale. Con la prima trilogia l’autore smantella il concetto di opera, così come quello di capolavoro, nozioni seppellite insieme al cinema moderno. Lucas esce fuori dal testo, si emancipa dal concetto di opera autosufficiente. Guerre stellari si moltiplica attraverso un processo di gemmazione inedito per l’epoca e fuoriesce anche dal campo semantico cinematografico, diventando un marchio che si appropria di tutta una serie di canali comunicativi estremamente eterogenei. È l’entrata nel cinema del merchandising: la diffusione di action figure, fumetti, serie tv, videogiochi tutti firmati Guerre stellari, è il segno distintivo del lavoro Lucasiano, della creazione di un universo in cui le opere cinematografiche e il loro paratesto sono strettamente interdipendenti.
Il ritorno dello Jedi insiste in modo sempre più acuto sul processo di riconoscibilità del proprio universo da parte dello spettatore, lavorando sui rapporti tra differenza e ripetizione. Ciò che lo spettatore cinematografico si aspetta di vedere è qualcosa di simile a ciò che ha già visto, ma allo stesso tempo qualcosa di differente. È in questa complessa dialettica cha si manifesta la potenza della forma seriale.
La costruzione di un universo alternativo è ancora più intensa in quest’ultimo episodio e prende corpo fin dall’inizio, con un prologo che ha il doppio intento di collegare l’opera alle precedenti e di mostrare una fauna extraterrestre estremamente diversificata. Lucas spinge sul pedale della varietas, opponendosi con ogni mezzo alla sinteticità e all’essenzialità, in favore della creazione di un mondo proteiforme e biologicamente illimitato. Quest’operazione è riuscita perché situata all’interno del processo di manipolazione culturale avviato con Guerre stellari: Lucas lavora sulla rielaborazione e la riproposizione di stereotipi culturali ed antropologici, passati e presenti, dalla Bella e la bestia (il rapporto tra Leila e Jabba) a Robin Hood (la giungla in cui si situa un parte consistente del film ha le caratteristiche della foresta di Sherwood), dal mito di Edipo al viaggio dell’eroe, situato sempre nei confini del fiabesco. Il mondo alternativo creato dal regista di American Graffiti non risponde alle logiche temporali costituite creando al loro interno un corto circuito temporale: il film ha nell’intensificazione tecnologica il carattere distintivo che lo colloca nel genere fantascientifico, ma è ambientato in un passato remoto che gli consente di far convivere in questo spazio temporale autosufficiente un universo multiforme medievaleggiante che, come in un frullatore, miscela presente e passato, oriente e occidente, mito e fumetto.