TRAMA
Juan Gallardo, sin da piccolo, voleva fare il torero. Promette all’amata che la sposerà quando sarà ricco e famoso, e lo diventa. Ma compare “l’altra” seduttrice e…
RECENSIONI
La Hayworth, la Corrida, il Colore. Le tre punte di diamante di un classico hollywoodiano che rifilma il bel racconto di Vicente Blasco Ibanez (1908) e sostituisce il Rodolfo Valentino originale (1922) con un altro “bello”, per una volta anche bravo, Tyrone Power (già spagnolo in avventura per il regista ne Il Segno di Zorro). All’armeno Mamoulian ogni merito: autore vero e proprio all’interno della Mecca del Cinema, era affascinato dalle potenzialità figurative del cinema e, scoperto il technicolor, da quelle cromatiche. Già nel precedente Becky Sharp (1935) aveva tentato l’esperimento del colore come componente espressiva/decorativa della diegesi filmica. Qui la sua tavolozza di colori accesi s’ispira ai dipinti di El Greco, Murillo, Goya, Tiziano, Veronese e Velasquez (i direttori della fotografia Ernest Palmer e Ray Rennahan hanno vinto l’Oscar), ma anche alla potente componente sensuale che ha contribuito a comporre la bellezza fatale di Rita Hayworth, indimenticabile e terribile “Dalila” quando canta con la chitarra una coinvolgente canzone spagnola o quando danza con Anthony Quinn con un vestito avvampante e carnale (che carica erotica!). Il racconto è un melodramma romantico, d’amori tragici che si consumano nel classico triangolo Eroe-Santa-Seduttrice, con ruoli oltremodo marcati (Linda Darnell a colloquio con la Madonna è un’esagerazione, anche perché…la Madonna risponde!) e con qualche ellissi di troppo (tutta la trasformazione di Power in marionetta della Hayworth). Magistrale la prima corrida: Mamoulian ne trasmette il pathos e, al contempo, fa del sarcasmo sul pubblico isterico (la spettatrice che si sparge il rossetto sul viso per la tensione; lo spettatore che mangia carne durante il massacro dell’animale). La vera bestia(lità) è la folla sugli spalti e l’autore, attraverso il personaggio di John Carradine, rimarca la miseria di un popolo distratto da spettacoli crudeli dove i toreri sono miseri sprovveduti, meteore di un firmamento infame in mano a critici da strapazzo. Inquadratura finale emblematica: Gloria, Rose, Arena…Sangue.